— oh my marketing!

Leggo e inorridisco:

Disoccupazione giovanile alle stelle? Creiamo noi il nostro lavoro…insieme!
ON/OFF Officina di Coworking per l’Occupabilità Giovanile, il servizio innovativo del Comune di Parma gestito dalla coop. soc. Gruppo Scuola in collaborazione con l’Associazione ON/OFF, organizza due appuntamenti per conoscere il coworking e la sua rete di opportunità.

A me sembra che il drammatico problema dell’occupazione giovanile meriti ben altro rispetto, che questa faciloneria cialtrona e approssimativa.

La superficialità è sempre un errore, la superficialità sui giovani senza lavoro è un’offesa gravissima, specie se viene da un’amministrazione pubblica.

Sono certo che queste persone lavorano con le migliori intenzioni, ma dovrebbero curare meglio i messaggi che danno: sono sempre di più le comunicazioni fuorvianti sul coworking, creando false aspettative di cui mi sembra non ci sia proprio nessunissimo bisogno.

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Made in LambrateSono stato coinvolto, come tutte le persone attive nel mio quartiere milanese di Lambrate, in Made in Lambrate – #lambrate365.

Mentre sono orgogliosissimo di aver inventato l’hashtag #lambrate365, durante uno dei primi incontri (abbiate pazienza, ognuno si dà la gloria che può), vorrei dire che mi piace molto il fatto che ci si occupi del proprio territorio.

Qui a Ventura/Lambrate siamo tutti contenti quando ci sono i giorni del FuoriSalone: visitatori da tutto il mondo, giovani designer e artisti portano  il loro talento, alcuni affittano degli spazi altrimenti inutilizzati.

Noi di Cowo Milano/Lambrate cerchiamo di fare networking offrendo le postazioni di coworking e il Wi-Fi gratuitamente.

E poi?

Per rispondere a questo “e poi?” Mariano PichlerFulvia Ramogida insieme a Logotel , ci hanno interpellati stimolandoci a dare idee; al tempo stesso ci hanno proposto una vision e un’idea di progetto, articolata e lungimirante.Progetto lambrate 365

Parliamo tanto di rete… ecco qui: la rete di Lambrate è nata.

Grazie di avermi coinvolto, cercherò di fare la mia parte, per il bene della zona dove si svolge il mio lavoro e vive la mia famiglia.

 

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Ho la fortuna e il privilegio di lavorare su una cosa che mi piace, e di poter anche incontrare persone a cui interessa.

Ringrazio quindi:

  • l’Ordine degli Architetti di Milano, che mi ha invitato a parlare all’incontro “Gli architetti, la professione, il lavoro”, promosso dalla Consulta Regionale Lombarda degli Ordini degli Architetti il giorno 29 gennaio 2014 al Palazzo delle Stelline di Milano, in corso Magenta 61, h. 14.45 – 18.00;

Coworking e Architetti a Milano

Coworking Lab Modena

Agende aggiornate?

Ci vediamo al Cowo! 🙂



 

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Dice Paolo Conte:

Chi sono non lo so, ma se me lo dicono lo so.

Ieri alla radio mi hanno definito “un esperto di marketing in rete” e allora ecco qua l’intervista e ditemelo voi 🙂

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In questa intervista Andrea Mareschi della CNA di Parma mi fa diverse domande sul coworking. Spero che le risposte siano all’altezza dell’importante iniziativa di condivisione  di spazi professionale, appena inaugurata presso di loro, in CNA.

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La Società dei Makers di Gauntlett: recensione di Massimo CarraroIl titolo inglese di questo libro vale già un post: “Making is connecting“.

Come dire: chi costruisce, costruisce anche relazioni. (Sul titolo si è già espresso benissimo Luca de Biase, qui).

Mi capita di occuparmi, per lavoro, di gente che fa cose con le mani, e leggere un saggio che mette in relazione l’attività manuale con la comunicazione, per me che mi occupo  di questo, è un gradito “unire i puntini”.

Ma non è solo il mondo della comunicazione – o meglio delle relazioni – che emerge dalle pagine di Gauntlett, ma anche l’arte, l’architettura. l’editoria, l’information tecnology, il valore delle reti sociali, StarWarsUncut e la ricerca di senso come fonte di felicità.

Tutti mondi che esercitano – visti con gli occhi di Gauntlett – un fascino speciale, che nasce dal lavoro di chi fa, e non dalle chiacchiere di chi dice.

Che poi “il mondo di chi fa” possa diventare un mondo di chiacchiere, magari gonfiate dai media – come è naturale che succeda a un fenomeno sulla cresta dell’onda come quello dei makers – va accettato come un piccolo prezzo da pagare per la notorietà di queste ottime idee, di cui tanto si discute.

(Preferisco sempre che si parli troppo di una cosa che mi piace, piuttosto che non se ne parli per nulla).

Così, mentre aspetto che i makers e i loro stimolanti maker spaces incontrino il mondo del coworking, a me caro, mi soffermo su un caso raccontato da Gauntlett che sento molto vicino: quello del blogger inglese che si è obbligato a scrivere un post al giorno come atto d’amore verso la sua sconfinata collezione di dischi, che rischiava altrimenti di venire dimenticata da tutti, e da lui stesso per primo.

Così David Jennings decise: ogni giorno un post, dedicato a un disco.

Parlo di questo perché dal 2007 in poi, per un  periodo di circa due anni, qui su OhMyMarketing – pur senza collezione di dischi da raccontare – il sottoscritto si è assegnato un compito analogo: making posts… to connect.

Un post al giorno, per connettermi a nuove idee e nuove relazioni: lo scrivere come “atto del fare” per poter superare un po’ se stessi e raggiungere qualcos’altro, qualcun altro.

Il libro in una frase:

In un’epoca in cui il senso delle cose si va smarrendo, Gauntlett ci invita a guardarci le mani e a ricordarsi che servono sia a costruire qualcosa sia a stringere quelle degli altri.

Appuntamento stasera a Varese per incontrare l’autore!

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Libro COworking Massimo Carraro Cowo

Mentre ringrazio l’autore di “Coworking Progress – Il Futuro è arrivato”, Riccardo Valentino, per avermi invitato a scrivere una pagina del suo libro sul coworking, realizzo che non ho mai raccontato per quali motivi ho fondato la rete Cowo.

Lo faccio qui, oltre che a pag. 73 del libro 🙂

Lo confesso: ho fondato la rete Cowo per motivi di bieco interesse personale.
Condivisione collaborativa? Piattaforma condivisa? Co-opetition?

Ma quando mai.

Fin dall’inizio ho avuto – e continuo ad avere – una sola cosa in testa, nient’altro che un risultato personale.

Io volevo creare il mio mondo.

Prima di condannarmi, concedetemi – come si fa – una piccola requisitoria difensiva.

Sono un copywriter, ho lavorato molti anni nelle multinazionali della pubblicità.
Quel tipo di posto dove un battito d’ali a Wall Street causa un terremoto (di licenziamenti) a Milano.
Poi sono diventato free-lance. Ho scoperto le gioie del “bonus-malus”, cioè quando lavori giorno e notte 15 giorni per una gara che, se viene persa guadagni zero; se viene vinta guadagni quasi zero.

Poi ho aperto la mia agenzia e ho iniziato a divertirmi con gli… studi di settore.

Ci sono cose che rendono il lavoro un inferno, soprattutto per chi lo ama profondamente.

Allora sono partito.

Per un mondo che non esisteva.

E, visto che non esisteva, ho iniziato a costruirmelo.

Partivo già bene, in realtà, grazie a tre cose: una persona eccezionale al mio fianco, un bell’ufficio a Milano, un blog su WordPress.com.

5 anni dopo, siamo in 77 spazi di coworking in 46 città [NdA: nel frattempo siamo diventati 88 in 53 città], ma l’importante non è questo.

L’importante è che ho capito che siamo in tanti ad aver voglia di costruire un mondo diverso, cominciando da una scrivania in coworking e da poche regole condivise:

CowoManifesto – Cos’è il coworking per Cowo

  1. “Coworking”, senza le persone che lo praticano, è solo una parola.
  2. Rendiamo il lavoro un’esperienza migliore, grazie alla condivisione quotidiana di spazi e conoscenze.
  3. I coworker non sono clienti. Sono professionisti che lavorano con te.
  4. Facciamo parte di una community allargata, e dialoghiamo.
  5. Nel nostro modello, la relazione viene prima del business.
  6. I nostri skill professionali sono costantemente migliorati dalla community.
  7. Non crediamo nella competizione, e questo ci rende estremamente competitivi.
  8. Il coworking gode della migliore strategia di marketing che si possa immaginare: la felicità.
  9. Il coworking è sempre l’inizio di qualcosa.
  10. “Coworking is a labour of love” (Tara Hunt)

E ora, la parola a chi sta lavorando per questo.

Buona lettura.

Massimo Carraro, giugno 2013

Non so se il libro, appena presentato a Milano (e su Twitter), sia già disponibile online.

Per chi volesse informazioni può scrivere una mail all’editore, Nomos Edizioni di Busto Arsizio (Varese).

 

 

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La Società dei Makers di Gauntlett: recensione di Massimo Carraro

Ogni tanto mi arriva un libro sul comodino. A volte è di marketing, a volte di comunicazione.

A volte, come in questo caso, arriva tramite collegamenti professionali (ho la fortuna di lavorare con Stefano Micelli, autore della prefazione, che me lo ha consigliato).

Una volta terminato, mi esercito a scrivere qualche pensierino – e a tracciare una sintesi della lettura in una sola frase.

L’esercizio di leggere e poi raccontare, questa volta lo farò su “La società dei makers” di David Gauntlett, che per la verità in inglese ha un altro, bellissimo titolo:

Making is connecting

(Il link porta al sito di Gauntlett). A presto!

E se siete curiosi di saperne di più, qui sotto ci sono i 4 video in cui Gauntlett il perché e il percome del libro, in 9 minuti circa.

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Internet è il nemico: recensione di massimo Carraro su Oh My Marketing

E’ passato un sacco di tempo da quando dissi che avrei scritto le mie impressioni su “Internet è il nemico”, ma questo non significa che il libro mi abbia annoiato o mi sia dilungato nel leggerlo.

Al contrario, nonostante una struttura un po’ singolare (si leggono le discussioni sulla Rete di Assange con tre attivisti della libertà dell’informazione online), la lettura mi ha affascinato.

Poi è emerso il Datagate, il caso sollevato dall’analista Edward Snowden, che – guarda caso – sembra confermare con la brutalità della testimonianza diretta (per chi non lo sapesse, ricordo che Snowden ha fornito molte notizie inquietanti sulla pervasività delle informazioni assunte dalla NSA, l’agenzia per la sicurezza del governo americano, oltre ogni rispetto della privacy e senza alcuna autorizzazione) quello che un po’ tutti abbiamo pensato, in qualche momento:

E cioè che i nostri dati online sono visti, registrati, schedati (e la lista dei verbi potrebbe continuare in modo sgradevole, citerei solo “vendere” per esempio) da una moltitudine di soggetti, dai governi nazionali alla multinazionali a… chiunque ricco o potente abbastanza da potersi permettere di acquistare tali informazioni.

Certo, il mio è uno sguardo superficiale su una questione che più complessa non potrebbe essere, ma in fondo vengono in mente le parole di Pasolini quando, parlando delle stragi di stato, diceva:

Io so i nomi dei responsabili (…). Solo che non ho le prove.

Se pensiamo come sono inadeguate le leggi sulla privacy rispetto alle effettive realtà della Rete.

Se pensiamo come sono inadeguati i decisori e i legislatori rispetto al progresso tecnologico.

Se pensiamo come siano assurde le leggi italiane quando si tratta del web (provate a fare un concorso online se non ci credete).

Se pensiamo ai mostruosi interessi economici, politici e di ogni genere dietro la “fame di dati personali”.

Se pensiamo alla potenza e alla raffinatezza degli strumenti tecnologici attuali (e alla loro evoluzione continua).

Se pensiamo alle parole di Eli Pariser su “The Filter Bubble“:

Se su Internet stai usando un servizio che non costa nulla, significa che il prodotto in vendita sei tu.

Se pensiamo a tutto questo forse lo sappiamo tutti.

Solo che non abbiamo le prove.

In ogni caso, il libro vale la pena di leggerlo, anche per lo sguardo da insider che offre sul mondo degli hacker, sulla loro etica, sulla loro visione del mondo.

In fondo Internet l’hanno fatta loro..

…e l’hanno fatta per tanti motivi, compreso che era divertente. Poi aziende come Google e Facebook hanno costruito modelli commerciali basati sulla cattura dei dati personali degli utenti. (pag. 71).

Tra le tante cose per cui vale la pena di leggerlo:

– la rassegna dei sistemi per la conservazione dei dati a disposizione di governi ed organizzazioni (sempre di più, a costi sempre inferiori)

– il punto di vista critico sulla strumentalizzazione mediatica di temi quali il terrorismo,  la pornografia, il riciclaggio e la guerra alla droga – i cosiddetti “cavalieri dell’infocalisse” – per far passare provvedimenti liberticidi e incostituzionali

– [su una nota più leggera] il curioso spaesamento di questi abilissimi informatici che, dopo aver passato le vita a trovare sistemi per criptare dati e identità, si vedono centinaia di milioni di persone spiattellare le loro vite sul social network di turno

Infine, il libro in una frase, come provo a fare sempre:

Se pensate che il grande fratello sia qui, proprio qui dove io e tutti voi scriviamo, e dove io e tutti voi leggiamo, forse pensate giusto. Ma cerchiamo di non perdere la fiducia: forse la notizia che il giornalista del Guardian che ha fatto scoppiare il Datagate è sul punto di lanciare una piattaforma di giornalismo investigativo con il finanziamento dal boss di Ebay Omidyar ci dice che, nella Rete,  qualche anticorpo forse c’è.

Buona lettura, e speriamo bene.

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