— oh my marketing!

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Comunicare

Zavattini diceva che una bella storia deve stare nel retro di una cartolina, nello spazio dei saluti.

Allora ho provato a raccontare i 7 anni di progetto Cowo in un minuto, anzi 59 secondi.

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Al Coworking Cowo®Milano/Lambrate nuova stamapnte 3DAnche il coworking Cowo®, come tutti i progetti con i piedi per terra, deve fare i conti con l’aspetto economico dell’attività.

Chi segue il nostro lavoro sa che il nostro approccio è quello di massimizzare le relazioni, non il profitto: questo non perché siamo dei ricchi figli di papà che non hanno bisogno di guadagnare, piuttosto perché crediamo in un modello sostenibile, che sia profittevole NON a scapito delle relazioni.

Nel modello Cowo® – dice il CowoManifesto – il profitto economico viene dopo la relazione, al secondo posto.

E se nel 2015 avessimo bisogno di guadagnare di più?

L’esperimento parte in questi giorni al Coworking Cowo®Milano/Lambrate, che ho il piacere di gestire direttamente, nell’ambito della sempre più numerosa e attiva rete di spazi di coworking Cowo®.

Ecco la scommessa che facciamo per il 2015: se la vinciamo, i nostri coworker pagheranno di meno e noi guadagneremo di più.

1 – i prezzi delle postazioni scendono da 250 euro/mese a 180 euro/mese (da 1200 euro/semestre a 972 euro/semestre)

2 – nascono alcune nuove postazioni, con minori servizi, a euro 100/mese o 540 euro/semestre

3 – l’utilizzo dell’area meeting del nostro Cowo®, finora compreso nel prezzo delle postazioni, viene scorporato e proposto a pagamento, con due fasce di tariffe, per coworker residenti e nomadi esterni alla community

4 – l’area meeting verrà proposta anche all’esterno della community

5 – entra al Cowo® una stampante 3D, con il preciso scopo di incrementare il valore dello spazio, sia per chi ne fa già parte, sia in chiave di attrattività/marketing

Ultima considerazione: forse il coworking, con le sue caratteristiche di mutevolezza, leggerezza, assenza di vincoli, dinamismo e senso del networking è un modello da considerare anche più in generale, su un piano imprenditoriale.

Monkey Business, la mia società, lo ha capito intuito anni fa, e cerca di muoversi sul mercato della comunicazione con le stesse logiche di sostenibilità ed eccellenza che… ha imparato dal coworking.

[Sul rapporto tra sostenibilità e profitto, tra marketing e modelli imprenditoriali ho già fatto un pensierino in questo post, di qualche anno fa].

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Rispettivamente:

1. il coworking come parte della smart city (Milano, 28/5/2014)

2. Il coworking come parente stretto dell’autoproduzione (Varese 22/5)

3. Il coworking come esperienza di comunicazione (Milano, 28/6)

Enjoy! 🙂



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Leggo e inorridisco:

Disoccupazione giovanile alle stelle? Creiamo noi il nostro lavoro…insieme!
ON/OFF Officina di Coworking per l’Occupabilità Giovanile, il servizio innovativo del Comune di Parma gestito dalla coop. soc. Gruppo Scuola in collaborazione con l’Associazione ON/OFF, organizza due appuntamenti per conoscere il coworking e la sua rete di opportunità.

A me sembra che il drammatico problema dell’occupazione giovanile meriti ben altro rispetto, che questa faciloneria cialtrona e approssimativa.

La superficialità è sempre un errore, la superficialità sui giovani senza lavoro è un’offesa gravissima, specie se viene da un’amministrazione pubblica.

Sono certo che queste persone lavorano con le migliori intenzioni, ma dovrebbero curare meglio i messaggi che danno: sono sempre di più le comunicazioni fuorvianti sul coworking, creando false aspettative di cui mi sembra non ci sia proprio nessunissimo bisogno.

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Dice Paolo Conte:

Chi sono non lo so, ma se me lo dicono lo so.

Ieri alla radio mi hanno definito “un esperto di marketing in rete” e allora ecco qua l’intervista e ditemelo voi 🙂

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In questa intervista Andrea Mareschi della CNA di Parma mi fa diverse domande sul coworking. Spero che le risposte siano all’altezza dell’importante iniziativa di condivisione  di spazi professionale, appena inaugurata presso di loro, in CNA.

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La Società dei Makers di Gauntlett: recensione di Massimo CarraroIl titolo inglese di questo libro vale già un post: “Making is connecting“.

Come dire: chi costruisce, costruisce anche relazioni. (Sul titolo si è già espresso benissimo Luca de Biase, qui).

Mi capita di occuparmi, per lavoro, di gente che fa cose con le mani, e leggere un saggio che mette in relazione l’attività manuale con la comunicazione, per me che mi occupo  di questo, è un gradito “unire i puntini”.

Ma non è solo il mondo della comunicazione – o meglio delle relazioni – che emerge dalle pagine di Gauntlett, ma anche l’arte, l’architettura. l’editoria, l’information tecnology, il valore delle reti sociali, StarWarsUncut e la ricerca di senso come fonte di felicità.

Tutti mondi che esercitano – visti con gli occhi di Gauntlett – un fascino speciale, che nasce dal lavoro di chi fa, e non dalle chiacchiere di chi dice.

Che poi “il mondo di chi fa” possa diventare un mondo di chiacchiere, magari gonfiate dai media – come è naturale che succeda a un fenomeno sulla cresta dell’onda come quello dei makers – va accettato come un piccolo prezzo da pagare per la notorietà di queste ottime idee, di cui tanto si discute.

(Preferisco sempre che si parli troppo di una cosa che mi piace, piuttosto che non se ne parli per nulla).

Così, mentre aspetto che i makers e i loro stimolanti maker spaces incontrino il mondo del coworking, a me caro, mi soffermo su un caso raccontato da Gauntlett che sento molto vicino: quello del blogger inglese che si è obbligato a scrivere un post al giorno come atto d’amore verso la sua sconfinata collezione di dischi, che rischiava altrimenti di venire dimenticata da tutti, e da lui stesso per primo.

Così David Jennings decise: ogni giorno un post, dedicato a un disco.

Parlo di questo perché dal 2007 in poi, per un  periodo di circa due anni, qui su OhMyMarketing – pur senza collezione di dischi da raccontare – il sottoscritto si è assegnato un compito analogo: making posts… to connect.

Un post al giorno, per connettermi a nuove idee e nuove relazioni: lo scrivere come “atto del fare” per poter superare un po’ se stessi e raggiungere qualcos’altro, qualcun altro.

Il libro in una frase:

In un’epoca in cui il senso delle cose si va smarrendo, Gauntlett ci invita a guardarci le mani e a ricordarsi che servono sia a costruire qualcosa sia a stringere quelle degli altri.

Appuntamento stasera a Varese per incontrare l’autore!

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Libro COworking Massimo Carraro Cowo

Mentre ringrazio l’autore di “Coworking Progress – Il Futuro è arrivato”, Riccardo Valentino, per avermi invitato a scrivere una pagina del suo libro sul coworking, realizzo che non ho mai raccontato per quali motivi ho fondato la rete Cowo.

Lo faccio qui, oltre che a pag. 73 del libro 🙂

Lo confesso: ho fondato la rete Cowo per motivi di bieco interesse personale.
Condivisione collaborativa? Piattaforma condivisa? Co-opetition?

Ma quando mai.

Fin dall’inizio ho avuto – e continuo ad avere – una sola cosa in testa, nient’altro che un risultato personale.

Io volevo creare il mio mondo.

Prima di condannarmi, concedetemi – come si fa – una piccola requisitoria difensiva.

Sono un copywriter, ho lavorato molti anni nelle multinazionali della pubblicità.
Quel tipo di posto dove un battito d’ali a Wall Street causa un terremoto (di licenziamenti) a Milano.
Poi sono diventato free-lance. Ho scoperto le gioie del “bonus-malus”, cioè quando lavori giorno e notte 15 giorni per una gara che, se viene persa guadagni zero; se viene vinta guadagni quasi zero.

Poi ho aperto la mia agenzia e ho iniziato a divertirmi con gli… studi di settore.

Ci sono cose che rendono il lavoro un inferno, soprattutto per chi lo ama profondamente.

Allora sono partito.

Per un mondo che non esisteva.

E, visto che non esisteva, ho iniziato a costruirmelo.

Partivo già bene, in realtà, grazie a tre cose: una persona eccezionale al mio fianco, un bell’ufficio a Milano, un blog su WordPress.com.

5 anni dopo, siamo in 77 spazi di coworking in 46 città [NdA: nel frattempo siamo diventati 88 in 53 città], ma l’importante non è questo.

L’importante è che ho capito che siamo in tanti ad aver voglia di costruire un mondo diverso, cominciando da una scrivania in coworking e da poche regole condivise:

CowoManifesto – Cos’è il coworking per Cowo

  1. “Coworking”, senza le persone che lo praticano, è solo una parola.
  2. Rendiamo il lavoro un’esperienza migliore, grazie alla condivisione quotidiana di spazi e conoscenze.
  3. I coworker non sono clienti. Sono professionisti che lavorano con te.
  4. Facciamo parte di una community allargata, e dialoghiamo.
  5. Nel nostro modello, la relazione viene prima del business.
  6. I nostri skill professionali sono costantemente migliorati dalla community.
  7. Non crediamo nella competizione, e questo ci rende estremamente competitivi.
  8. Il coworking gode della migliore strategia di marketing che si possa immaginare: la felicità.
  9. Il coworking è sempre l’inizio di qualcosa.
  10. “Coworking is a labour of love” (Tara Hunt)

E ora, la parola a chi sta lavorando per questo.

Buona lettura.

Massimo Carraro, giugno 2013

Non so se il libro, appena presentato a Milano (e su Twitter), sia già disponibile online.

Per chi volesse informazioni può scrivere una mail all’editore, Nomos Edizioni di Busto Arsizio (Varese).

 

 

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Ho la fortuna, con Monkey, di essere coinvolto nel progetto di rilancio della manifattura italiana Design-Apart, che presto disvelerà le sue meraviglie alla città di New York (angolo 25th and 6th)

Questo video è un esempio splendido di storytelling artigiano, come e meglio dei video Made by Hand che ammiriamo tutti: bravi ozeta!

[vimeo 75858292]

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