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Tech Crunch Europe: post su Mind the Bridge

Tech Crunch Europe: post su Mind the Bridge

Due settimane fa circa, la fondazione Mind the Bridge ha avuto l’onore di essere citata su Tech Crunch Europe, sotto il lusinghiero titolo

Italians may do it Better? Bridging the gap between Europe and Silicon Valley.


Questo per ricordare a tutti gli imprenditori italiani che desiderano avere la chance di portare la loro azienda in Silicon Valley per un intenso periodo di mentoring, presentazioni e network, con l’obiettivo di “scalare” il proprio business secondo un’ottica globale, che il termine ultimo per la presentazione dei Business Plan è il 25 agosto.

Tra le aziende vincitrici delle passate edizioni della Business Plan Competition: Zooppa, Econoetica, Eris4.

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Ricordo che mancano solo 20 giorni alla scadenza ultima per la presentazione dei Business Plan della competition organizzata da Mind the Bridge per selezionare le aziende italiane da presentare in Silicon Valley.

Un’opportunità unica, che desidera essere l’anello mancante tra il nostro paese (che conta ormai svariate iniziative rivolte alle start-up, con le quali Mind the Bridge collabora appunto in veste di “ponte” con la California) e l’ecosistema imprenditoriale più avanzato del mondo: la mitica Valle del Silicio, appunto.

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Mind the Bridge foundation è una organizzazione senza fini di lucro, nata in California su iniziativa di Marco Marinucci (Business Development manager @ Google, Mountain View) con lo scopo di creare uno sbocco in Silicon Vallley per le migliori start-up italiane.

L’iniziativa, giunta alla terza edizione, è molto selettiva, ma proprio per questo è un’ottima occasione per quelle aziende innovative nate in Italia e alla caccia di possibilità per diventare global.

Non dimentichiamo che la Silicon Valley è

the most experienced, entrepreneurial eco-system in the world.

Qui il Facebook group, e qui il LinkedIn group.

E qui tutte le informazioni per partecipare alla Business Plan Competition, il cui ultimo termine è appunto il 25 agosto.

Dimenticavo: da alcune settimane ho il piacere di collaborare (volontariamente e a titolo gratuito) con Mind the Bridge, per le attività di comunicazione in Italia.

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Coworking La Pillola 400 in Via Algardi 2/A Bologna - Ingresso

Coworking La Pillola 400 in Via Algardi 2/A Bologna - Ingresso

Dopo tanto tempo che desideravo vederlo, finalmente ieri si è creata l’occasione per una visita in Via Algardi 2/A, alla Pillola.

Che sia un posto speciale lo capisci prima di entrare (vedi gli scimmioni tecno della foto sopra).

E una volta dentro, l’ambiente è davvero piacevole e stimolante, e l’atmosfera di tranquilla operosità che vi si respira è qualcosa che fa piacere.

Quando poi ti raccontano le molteplici linee di attività, che spaziano dagli eventi alle mostre, passando per gli aperitivi e le feste in terrazzo, capisci che la marcia in più della Pillola non è il bar interno, gli arredi sapienti o le opere di tecno-art (che comunque fanno piacere), ma le teste che la gestiscono.

In un pomeriggio torrido in un’Italia asfittica, alla Pillola non solo ho respirato ma sono stato perfino ispirato.

Grazie ragazzi!

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Ogni tanto vado a presentare l’agenzia.

Anche se sono un uomo di advertising e l’agenzia vende creatività per quello, faccio sempre in modo di includere, dopo la presentazione delle campagne, una piccola panoramica su quanto faccio in rete (i blog, il mio social network, il progetto cowo che vive di solo marketing nonconvenzionale ecc.).

Questa parte della presentazione a volte sfocia in un’interesse particolare, che viene sintetizzato nella frase di saluto:

…e comunque, se le viene un’idea per noi, ci faccia sapere.

Questo fatto è molto interessante, e merita una piccola riflessione.

Dapprima mi irritavo un po’. Ma come, se le viene un’idea, l’idea mi viene se tu mi chiedi di farmela venire!

E poi: come se non mi svegliassi già tutte le mattine alle sei per farmi venire idee per quelli che mi pagano per farlo!

Però però.

Alla fine, mi sono persuaso che “se le viene un’idea ci faccia sapere” sia in fondo un complimento.

Significa “lei ci piace, ma non sappiamo cosa chiederle” che – tutto sommato – non è altro che una richiesta d’aiuto.

Insomma, un’apertura da parte di chi ancora non sa tanto aprirsi.

Forse sta a noi inventarci – oltre alle idee di campagna – delle idee di relazione con i clienti.

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Sarà che gli inviti di Facebook e le fan page aziendali sono sempre di più, sarà che le aziende nella conversazione crescono ogni giorno, ho a volte la sensazione che quel senso di qualità un po’ speciale che mi pareva di sentire nelle iniziative di ascolto/conversazione si stia perdendo.

Io al marketing sono affezionato, il mio lavoro ne fa parte, e quando sento un gruppo di studenti scoppiare in un applauso spontaneo alle parole “Il marketing è la fogna della società” (successo l’altra sera all’ottima conferenza di Massimo Vignelli) penso che nonostante tutto non abbia molte speranze.

Magari deve evolversi, come dice Fabris. Motivo in più per stare attento alla qualità della conversazione.

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Internet, la posta elettronica, skype, i cellulari smart. Senza tutto questo oggi non avrei potuto lavorare in modo efficiente in un ufficio che non è il mio.

E’ stata una bella esperienza, occuparmi delle mie cose da un “altro” posto, sempre in contatto con i miei collaboratori via mail e telefono, ma al tempo stesso a contatto diretto con persone di cultura professionale completamente diversa, con cui ho scambiato chiacchiere, biglietti da visita e apertura mentale.

Flessibilità è senz’altro una parole d’ordine del lavoro dei nostri tempi, e non vuole sempre dire cose brutte…

Grazie a Mikamai e alla loro apertura verso il coworking per avermi permesso di provare queste cose.

(Nella foto: una postazione al Cowo di Roma/Prati).

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Di tutte le voci contenute nel libro che sto scrivendo, questa è una di quelle che mi dà una leggera sensazione di disagio. Credo sia perché parte da un terreno che non mi è familiare, anche se un po’ lo bazzico: quello dei programmatori. E anche il punto di arrivo finisce lungo, quasi nella sociologia, anzi, nel societing. E comunque sia, l’ho letto e riletto e mi pare che abbia un senso.

Chissà se qualcuno passa di qua e mi dice la sua. Grazie in anticipo.

Open source

Quando i tecnologi individuano un trend epocale.

Questa voce, nell’ambito del marketing dell’ascolto, ha due possibili interpretazioni: la prima riguarda le basi storiche di questo movimento tecno-intellettuale, alla base di tante applicazioni usate ogni giorno dalla community aziende-consumatori; la seconda ha risvolti più ampi, con influenza nell’atteggiamento generale dei consumatori verso le marche.

A livello storico, il movimento open source (definizione che sostituì nel 1997 quella più ambigua di “free software”, che poteva significare sia gratuito che libero) si è sviluppato intorno a coloro che difendevano l’idea della libera condivisone del codice sorgente dei programmi, contrapponendosi all’approccio commerciale del software proprietario (venuto dopo, in quanto l’idea di condivisione del software nasce con l’informatica stessa), il cui uso era possibile solo attraverso l’acquisto delle licenze.

Il primo eclatante risultato di questa visione fu raggiunto grazie alla potenza di Internet – nel 1991 – con il sistema operativo Linux, subito distribuito online e che, proprio per questo ha conosciuto ampia diffusione, e un alto livello di perfezionamento.

Questo precursore delle esperienze successive di Mozilla (la fondazione non-profit che ha portato alla creazione di Firefox, il browser Internet entrato nel 2008 nel Guinness dei primati per aver battuto tutti i record di download) ha creato le premesse per l’ approccio condiviso e collaborativo che avrebbe poi informato tutta la rete attraverso l’onda dei blog e dei social network, a loro volta assi portanti di nuove visioni economiche quali la coda lunga e le teorie collaborative della wikinomics.

E qui entriamo nel secondo aspetto, quello che ha influenzato significativamente la nostra visione del rapporto marche-consumatori.

Se non vi fosse stato l’open source, che potrebbe essere maccheronicamente tradotto come “un prodotto valido, creato insieme, disponibile a tutti a costo zero” avremmo poi maturato, come consumatori, la consapevolezza necessaria a “fare da soli”, attraverso le conversazioni?

E a livello economico, se non ci fossimo resi conto, come “gente comune”, che un prodotto valido può non costare nulla, saremmo mai arrivati ai voli low cost, ai prodotti discount, al modello freemium (prodotto base gratuito, prodotto aggiuntivo a pagamento, come ad esempio i telefonini gratuiti per chi fa un abbonamento), alla rivoluzione dell’industria discografica creata dai brani scaricabili in digitale?

Un etto di marketing (è un etto e mezzo, lascio)?” di Massimo Carraro, ed. Alpha Test, sarà in libreria a fine gennaio 2010. Per avere un codice sconto del 20% senza obbligo di acquisto basta una mail.

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In 13 domandine, eccolo spiegato, dalla viva voce di chi lo fa tutti i giorni.

In questo breve video parlano sia le persone che hanno preso una scrivania in affitto, sia quelle che offrono degli spazi all’interno dei propri uffici.

E’ anche un modo di “conoscere” chi partecipa al nostro progetto di coworking network (nel video ci sono tutti).

[UPDATE – Mi correggo, nel video manca qualcuno del Cowo di Roma, appena aperto].


[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=BnzY4SJttqU]

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E’ bellissimo vero? Venite a conoscerlo!

di

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