— oh my marketing!

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tre libri sul comodino

Queste tre caratteristiche – 1. la contagiosità; 2. il fatto che piccoli cambiamenti possono avere grandi effetti; 3. il fatto che il cambiamento avviene non gradualmente, ma in un momento dato – sono gli stessi tre principi che definiscono il modo in cui il morbillo si diffonde in una classe delle elementari, o come l’influenza colpisce ogni inverno.

Delle tre, la terza, l’idea che le epidemie possano subire impennate o crolli in un momento critico, è la più importante, perché è quella che conferisce un senso alle prime due […]

Quel preciso momento di un’epidemia, quando tutto può cambiare all’improvviso è il Punto Critico.

Ecco da cosa si parte, secondo Gladwell, per capire il passaparola: dall’epidemia.

Una volta che hai capito come si diffonde un’epidemia, beh, puoi anche cercare di provocarla, e credo che il suo libro abbia avuto un certo impatto sullo sviluppo di quella parte di marketing denominata word of mouth (ne abbiamo parlato anche qui, a proposito del libro “Anatomy of Buzz“).

Io l’ho trovato gradevole, piuttosto ben fornito di argomenti, senz’altro interessante nel complesso, anche se non posso negare di aver percepito gli anni che ha (otto).

Questo non gli toglie validità, però – se devo essere sincero – credo vi siano libri successivi (questo, ad esempio) che in qualche modo lo comprendono, magari ampliandone i concetti grazie agli sviluppi che nel frattempo vi sono stati, nella rete e nella società.

Il libro in una frase:

Alle basi del marketing virale: un bel viaggio nella storia dei virus. Lasciatevi contagiare, vi piacerà…

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Pe me Giampaolo Fabris è un business hero dei rampanti anni 80.

Non lo amavo per nulla, esasperati come eravamo dalla moda delle ricerche, di cui lui era una delle figure di riferimento (hai presente il focus group contro la forza della creatività? Ecco).

Però questo suo libro mi attira, anche perché – al di là di tutto – mi fa sempre piacere trovare riferimenti italiani nei testi di marketing, campo dominato dagli anglosassoni.

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Se amate la parola scritta non potrete non amare l’appassionato racconto di Stephen King (portale italiano qui).

Pieno di storie interessanti, frasi memorabili

Giunse al Fiume. Il fiume era lì. (Hemingway)

insegnamenti di scrittura intrisi di spirito, acume, empatia, modestia e poi… il colpo di scena dell’incidente che lo ha mezzo ammazzato, a metà della stesura di On Writing, e come il lavoro lo abbia aiutato a guarire.

Tra gli insegnamenti:

Diffidate della trama (le nostre vite ne sono prive).

La via per l’inferno è lastricata di avverbi.

Scrivere non è lavare la macchina o mettersi l’eyeliner.

Scrivete con la porta chiusa e riscrivete con la porta aperta.

Il libro in una frase:

Vita! Mostri! Ricchezza! Povertà! Amore! Droga! Carrie! Shining! Tutto quello che avreste voluto sapere sul come diventare un romanziere da 30 milioni di copie e non avreste mai osato chiedere!

Stevie King, signori e signori. Un Re.

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Non mi ricordo più chi mi ha consigliato Il punto critico di Malcolm Gladwell. Però mi attrae molto, con quel suo

I grandi effetti dei piccoli cambiamenti.

Un libro del 2000. Qui il sito dell’autore e qui il suo blog.

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Quando chiudi Email Marketing di Roberto Ghislandi hai la sensazione di aver letto un vero trattato, di quelli belli, completi, onnicomprensivi.

Inoltre – scusa se è poco – sai tutto sull’email marketing.

Non capita spesso di incontrare opere così esaurienti e devo dire che la stima che già avevo per il suo autore, conosciuto frequentando un corso, è aumentata ancora dopo questa lettura.

Insomma, il supermanualone mi ha entusiasmato. Ora provo a spiegare perché.

Intanto, un libro così è il sogno di chiunque pratichi l’autoformazione (cioè di chi cerca di capire in prima persona, chi studia la notte, chi ci tiene a sapere bene le cose, anche se poi magari delega).

Perché ti spiega. Ti fa capire. Ti mette in condizione di fare un buon lavoro.

Di nuovo, scusa se è poco.

Poi, non si ferma ai tecnicismi. Software, conversioni, deliverability, opt-in e opt-out… il know-how tecnico c’è tutto, ma non è dominante.

Anzi, direi che non è per niente necessario capire e applicare la formula che definisce il tasso di rinnovo delle liste, pubblicata a pag. 124:

K = x (Na – Ne)/Ntot
dove
K = (Na – Ne)/(Na + Ne) se Na – Ne ≠ 0, altrimenti K = 1

perché l’ottimo Ghislandi permette di comprendere la materia anche al di là e al di sopra di tutto questo.

Last but not least, è un libro intriso di cultura della rete.

E’ forse questo il suo aspetto più interessante, non è un libro per maniaci ossessivi dell’email marketing (ci saranno… io da parte mia sono abbastanza un patito), ma un libro di web marketing, dove la comunicazione via mail è inquadrata nel contesto dei dialoghi in rete e delle innovazioni che le hanno via via consentite, dalla famosa iniziativa virale di Hotmail ai social network.

Il tutto in un quadro dove la coda lunga, Google e Tim O’Reilly stanno al loro giusto posto.

Tra le chicche, il link al video dei Monty Python che ha creato l’espressione Spam (lo ripubblico qui sotto perché è troppo bello), l’esame comparato e approfondito (14 pagine) dei software per email marketing, la lista dei 20 errori più comuni nelle comunicazioni email.

Per chiudere, tra i motivi che mi hanno fatto apprezzare il libro c’è anche l’aver “vissuto” il tema sulla mia pelle, prima di incontrare tutto questo know-how. E’ stato curioso verificare qualche ipotesi, valutare a posteriori il lavoro fatto, cercare di capire la teoria dopo… aver giocato con la pratica. Come copywriter e come imprenditore.

E qui non posso non ricordare che le mie email per Monkey Business sono entrate nei casi di studio trattati dal libro… e se un “grazie” all’autore è d’obbligo, spero che la gratitudine non abbia inficiato la mia lucidità di giudizio 🙂

Il libro in una frase:

Se guidate un’azienda, se fate marketing, se siete professionisti della comunicazione, soffermatevi a valutare l’importanza strategica di ogni singola email che scrivete. Se lo fate, vi ritroverete sicuramente a leggere questo libro, e con soddisfazione.

Il blog dell’autore si chiama Email caffè.

E adesso buon divertimento con i mitici Monty Python.

[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=anwy2MPT5RE]

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Di Stephen King, un autore per cui ho una stima enorme nonostante non abbia mai letto nulla di suo.

Invece di Raymond Carver, autore di un analogo (?) Il mestiere di scrivere, ho letto molto.

Mi ricordo una sua frase, più o meno:

Scrivi sottile, più sottile dell’acqua del ruscello tra le rocce.

Ma ora torniamo a On Writing, di Mr. King.

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Young people are taking better advantage of social tools not because they know more useful things, but because they know fewer useless things.

Cioè i giovani se la cavano meglio perché hanno meno cazzate in testa. Infatti:

I’m old enough to know a lot of things just from life experience.
I know that newspapers are where you get political views and look for jobs.
I know music comes from stores.
I know that complicated things like encyclopedias and software are created by professionals.

In the last fifteen years I’ve had to unlearn every one of those things and a million others, because they have stopped being true.

Così dice Clay Shirky nel suo bel libro, dove ci spiega come

Le rivoluzioni non avvengono quando la società adotta nuove tecnologie, ma quando adotta nuovi comportamenti.

Altre chicche?

Every web page is a latent community.

When we change the way we communicate, we change society.

The professional outlook can become a disadvantage, preventing the professionals from understanding major changes to the structure of their profession.

We are used to a world where little things happen for love and big things happen for money. Love motivates people to bake a cake, money motivates people to make an encyclopedia. Now we can make big things for love.

All businesses are media businesses.

Il libro in una frase:

Sappiamo tutti che il mondo sta cambiando (in fondo non è una novità). La vera novità è che sta cambiando grazie ai nuovi modi di comunicare, che permettono nuovi modi di stare insieme. In loosely structured groups, operating without managerial direction and outside the profit motive.

Una vita più sostenibile, outside the profit motive.

Se lo vedo a Lambrate gli pago una birra, a zio Clay.

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Da quando ho l’agenzia, mi diletto di e-mail marketing, bersagliando con dolcezza un mio personalissimo database.

Per affinare quest’arte, mi sono iscritto a un seminario, dove ho avuto il piacere di incontrare Roberto Ghislandi.

Applicando i suoi insegnamenti e consigli, le mie e-mail hanno migliorato molto le loro performance.

Conto che la lettura del suo recente libro mi dia ancora più strumenti per questa difficile forma di comunicazione, così vicina al terribile rischio spam, eppure così pura nel suo legame con il linguaggio (se hai un cuore da copywriter, sapere che il subject può determinare o meno la lettura del tuo messaggio, quelle tre-quattro parole secche, eh).

Ultima nota: c’era anche Send, nella lista dei libri papabili sull’argomento, segnalato da Maria Luisa Carrada, ma a un primo – severissimo – esame, ho deciso che il Ghislandi batte gli americani. Evvai.

Qui il suo blog in tema: E-mail caffè.

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Basta con il materialismo terminale (la crescita che distrugge i beni relazionali, culturali e ambientali, riferimenti: Paolo InghilleriLa buona vita e Mihaly Csikszentmihalyi – Flow, the psychology of optimal experience).

Basta con i modelli Gasp (Growth As a Substitution Process), cioè quei modelli socioeconomici che prevedono la diminuzione continua della possibilità di procurarsi benessere senza metter mano al portafogli, creando una situazione in cui il benessere possa essere soltanto acquistato.

Basta con con la frustrazione da scarsità (scarsità indotta artificiosamente da un modello economico che vive di autoconsumo).

Basta con la droga dei soldi (non è un eufemismo, secondo un’inchiesta di Berizzi di “Repubblica”, tra i 21.000 addetti all’edilizia del bresciano e del bergamasco, uno su cinque fa uso di cocaina per sostenere i ritmi pazzeschi del lavoro, che ti emargina se non stai al passo).

Sì all’economia della simbiosi, dove vince chi si mette al servizio del sistema, non chi tenta di predarlo, e dove efficienza e valori possono essere alleati.

Sì a un’economia dove lo sviluppo non dipenda dal basso costo del lavoro o dalla forza di attrazione degli investimenti finanziari, ma dalla capacità di attrarre/generare creatività.

Sì alla critica sociale come parte integrante del sistema mediatico.

Sì ai gruppi sociali dove valori e fiducia si alimentano reciprocamente grazie all’intensità delle relazioni personali.

Sì alla riconciliazione tra cultura tecnica e cultura artistica.

Sì alla ricerca di obiettivi economici che possano accomunare il popolo mondiale.

Il libro di Luca De Biase non è così scioccamente manicheo, questi sono solo i difetti della mia recensione.

Economia della felicità è quanto di più documentato, ragionato, articolato si possa leggere.

Il libro in una frase:

Una visione ragionata delle modifiche in positivo al nostro tristissimo modello economico, alla luce dei fenomenali sviluppi della tecnologia e dei media.

E qui c’è un’intervista televisiva all’autore.

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Il nome di Clay Shirky l’ho incontrato per la prima volta su Gapingvoid, dove è molto citato (e ammirato, anzi venerato).

Poi quella volta che ho avuto il privilegio di far due chiacchiere con Steve Rubel, è di nuovo venuto fuori.

A questo punto i casi sono due:

1. le blogstar si fanno pubblicità tra loro;
2. il libro è valido sul serio.

Vedremo!

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