— oh my marketing!

Fare rete è una di quelle cose che possono voler dire tutto.

Ieri, per me, ha assunto un significato preciso, netto.

Grazie a tutte le persone che, in modo informale, attraverso una semplice email, mi hanno raccontato le loro visioni personali del progetto Cowo, in cui siamo coinvolti insieme, e hanno permesso la creazione della presentazione per questo evento.

Ma più che le loro (bellissime) parole, a me piaccciono le loro facce. Anzi, a pensarci bene, mi piacciono loro 🙂

[slideshare id=13620434&doc=meettheinnovators-120712144322-phpapp01]

Read More

Dove vivo io, fino a pochi anni fa si facevano le Lambrette (lo scooter storico concorrente della Vespa) e le automobili Innocenti.

Una memoria che ha un fortissimo significato ancora oggi, e non solo perché le aree ex-industriali sono ancora lì, in attesa di una riconversione illuminata (ci basterebbe anche di buon senso), ma perché una città, secondo me, non è mai quello che è, bensì la somma delle tante cose che è stata.

Grazie agli studenti del Politecnico per questo film, e naturalmente anche a chi si occupa dalla piattaforma web “PruRubattino” e relativa pagina Facebook.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=A0qowB73NFY&feature=player_embedded]

Read More

Il 1° aprile 2008 nasceva il primo spazio di coworking a Milano, il secondo d’Italia e uno dei primi in Europa.

Nasceva per la voglia di due privati cittadini, due pubblicitari – Laura Coppola e il sottoscritto – di condividere giornate di lavoro con gente “che non c’entrava nulla”.

Lavorare fianco a fianco con l’idea di migliorarci, come avevamo letto su Wikipedia, come leggevamo sui blog americani.

Ci abbiamo provato, e ci siamo riusciti così bene che il nostro progetto ha fatto “aprire al coworking” alcune decine di altre realtà in tutta Italia.

Queste realtà formano oggi la rete Cowo, un progetto di networking caratterizzato da un’impostazione  che mette il profitto economico in secondo piano, dopo la relazioni, appunto.

Un progetto di coworking che invita chiunque altro a “fare coworking”: questa la missione di fondo di Cowo, una sorta di “call to coworking” di cui non abbiamo ancora trovato eguali.

Nel nostro sito, il testo introduttivo si conclude così, dopo aver formulato la proposta Cowo:

…[se non ti interessa] non rinunciare al coworking, è troppo bello!

Un pensiero che non è mai cambiato, e che costituisce la forza della rete: con noi o senza di noi, fai coworking. Mettiti in contatto con gli altri. Fai rete.

Nessuno lavora full-time, in Cowo, nessuno vive al 100% di coworking. Tutti svolgiamo un’altra professione, ma tutti insieme siamo un network che non ha paragoni.

Essere in qualche modo responsabili di una cinquantina di spazi di coworking in tutta Italia ci ha dato visibilità, anche presso le istituzioni.

Domani – anzi oggi, visto che scrivo dopo la mezzanotte – parteciperemo a un incontro pubblico sul coworking voluto dall’assessorato al Lavoro di Milano (l’assessore Cristina Tajani e il suo staff hanno visitato il nostro spazio poco tempo fa, e hanno recepito le nostre proposte per stimolare il coworking a Milano), nientepopodimenoche in Galleria Vittorio Emanuele, all’Urban Center.

La cosa è interessante non solo per il riconoscimento di Cowo, ma soprattutto perché ci dà modo di dialogare: da cittadini a istituzioni.

Da privati cittadini, siamo lusingati di poter parlare direttamente alle pubbliche istituzioni in questo modo.

Da privati cittadini, facciamo presente che la scarsità di risorse di cui disponiamo (tempo, in particolare) ci rendono poco disponibili a fare lunghi incontri… è anche per questo che la rete Cowo è nata di notte e di domenica. Soprattutto, è nata via Internet 😉

Mi sembra un dato importante – più che per le agende – proprio per quel che significa in sè, e cioè che il coworking è attività che vive fondamentalmente di rete fisica e virtuale, cresce e si sviluppa dove c’è rete.

Il mio augurio è che oggi questo convegno sia un nuovo snodo di una rete. Forza!

Read More

Ho avuto modo di leggere Futuro Artigiano su invito di un cliente della mia agenzia, che lo ritiene un libro fondamentale per il momento economico che attraversa l’Italia. Dopo averlo letto ho iniziato ad intuire quanto avesse ragione.

Poi è venuto un incontro con il suo autore, Stefano Micelli e un coinvolgimento di tipo misto (consulenza, vicinanza di quartiere, coworking) con la prima uscita pubblica del progetto Analogico Digitale, al FuoriSalone VenturaLambrate di quest’anno.

E’ stato lì che ho visto al lavoro Stefano Maffei, professore di design che predica – e realizza – nuove forme di collaborazione tra progetto e realizzazione artigiana, il tutto reso tangibile dall’uso delle stampanti 3D presso Tecnificio, laboratorio di makers vicino al Cowo, a Lambrate, gestito dai bravi Patrizia Dolzan e Marcello Pirovano (i quali figurano, non a caso, tra i 10 Nuovitalians presentati di recente come i casi di ispirazione per il rilancio economico italiano).

Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra un copywriter con le teorie economiche fondate su una nuova visione dell’artigianato italiano.

E infatti, io me lo chiedo.

Mi interessa perché sono convinto che il valore, anche e soprattutto economico, nasca dalle persone, dalle loro mani o dal loro cervello. (In questo senso, un po’ artigiano mi sento anche io).

Forse tutto questo è in relazione all’overdose di finanza  che gli anni scorsi ci hanno cacciato in gola di forza, che oggi ci fanno ritrovare in questo stato. Never again.

Infine: credo nell’Italia e nel suo talento, che da millenni è manufatturiero e sofisticato oltre ogni possibile concorrenza. Ci credo per me, ma soprattutto per mio figlio.

E ora arrivo alla Brianza: il 5 giugno Micelli, Maffei, il team di designer e imprese artigiane di Analogico Digitale sono a Meda (MB) per la presentazione di qualcosa che… secondo me è molto più di un libro e una mostra. Ci vediamo lì?

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Tx-iBjHntNc]

Read More

Cowo è un pezzo della mia vita, da diversi anni. Domani parlerò al terzo Coworking Camp nazionale, a Milano.

L’argomento è “La dimensione economica del coworking”, tema che mi ricollega dritto dritto a quanto già detto sulla sostenibilità.

Domani proviamo a volare alto, magari ci stacchiamo da terra.

Magari scopriamo che un mondo migliore può cominciare dalla tua testa, dalle tue mani. Dal tuo ufficio.

Grazie a tutti quelli che ci saranno e a quelli che vorranno darmi il loro parere, di qualsiasi tipo, su queste slides e sull’idea Cowo in generale.

[slideshare id=12981342&doc=cowocamp2012-120518054618-phpapp02]

Read More

Il mio ufficio – da quando è diventato uno spazio di coworking Cowo (2008) – è l’ufficio di molte altre persone.

Alcune stanno per molto tempo, altri meno. Qualcuno, come Rafaela, arriva come una meteora da Lisbona per una giornata, durante un viaggio attraverso l’Europa.

Questo andirivieni è in realtà un ecosistema (wow!) dove le relazioni aiutano a lavorare meglio.

Non necessariamente perché nascono delle collaborazioni, soprattutto perché lavorare a fianco di altri professionisti porta grandi benefici in termini di vivibilità delle giornate (umanamente), sostenibilità (non solo dei costi), apertura mentale.

Ma sto divagando… dicevamo del Presentation Lunch.

Questo viavai ha creato una situazione in cui a volte non sai che lavoro fa la gente intorno a te.

Questo è un peccato.

Ecco perché, il giovedì, organizziamo a volte un Presentation Lunch in cui, dopo aver mangiato qualcosa insieme, uno di noi presenta il proprio lavoro.

Poi un caffè e si torna alla propria attività… con un contatto in più.

Oggi, ad esempio, ascolteremo la professionalità di Paola, consulente per la sicurezza e l’igiene, con know-how sulle certificazioni di legge.

Ah, dimenticavo: i Lunch sono pensati per noi che lavoriamo in via Ventura 3, ma se qualcuno ha piacere di partecipare, le uniche formalità che chiediamo è che ci avvisi prima e tiri fuori i suoi 5 euro per la pizza 🙂

Read More

Non capita tutti i giorni di parlare a un evento di CNA, nell’ambito di una manifestazione di livello nazionale, di un modello di business sostenibile.

Sono molto curioso di vedere come sarà accolta la mia presentazione , e per chi è interessato a seguire a distanza, lo streaming video è su InToscana.it, alle 11.30. A domani!

[slideshare id=12711410&doc=coworkingbusinesssostenibile-120427001310-phpapp02]

Read More

Con il senno di poi, capisco che la presentazione che avrei dovuto tenere ieri al VeneziaCamp era un’altra.

E non lo dico solo perché le slides che avevo preparato hanno fatto le bizze e alla fine ho presentato senza… no, è che pensandoci dopo avrei dovuto semplicemente dire:

Questo è il coworking secondo il progetto Cowo.

Tra poco sentirete il coworking secondo 22a22 di Firenze, secondo Mod-o di Pordenone, secondo Studiodz di Bassano del Grappa, secondo l’Ordine degli ingegneri di Verona. Senza dimenticare il nostro ospite – anche lui parte della rete Cowo – il parco scientifico tecnologico VEGA.

Perché è così: ognuno fa del coworking ciò che vuole, secondo una personale e libera interpretazione.

Questo lo rende un progetto incredibilmente vivo, in grado di esprimere contenuti diversi nell’ambito di un’idea di fondo.

Quando noi diciamo “la scrivania è solo il punto di partenza” intendiamo proprio questo: dopo aver affittato un desk, magari vien voglia di far succedere qualcosa.

E se in molti casi questo “qualcosa” non è nulla più di un caffè o una pizza insieme (da non disdegnare, se avete lavorato da soli a casa lo sapete), è bello constatare che c’è chi “usa” Cowo per sfornare idee come:

– scrivanie di ascolto attivo

– free coworking per gli under 30 con un’idea imprenditoriale

– collaborazioni sinergiche

– attività di contaminazione professionale tra cowomanager e coworker

– implementazione di progetti online allargati alla rete di coworker

…e altre cose che si sono dette ieri e non ricordo più.

Un lavoro straordinario, che dà valore al progetto Cowo e – non lo nascondo – costituisce per me una grande, continua soddisfazione.

Ogni giorno mi convinco sempre più di ciò che ho pensato alla nascita di Cowo:

Se faremo qualcosa di buono sarà perché qualcun altro si unirà a questa idea, facendola sua, arricchendola della sua interpretazione. 

Sta succedendo. Forza.

[slideshare id=12539636&doc=cowovega134-120414112546-phpapp02]

Read More

Una delle mattinate più interessanti degli ultimi tempi l’ho trascorsa due giorni fa nel Tecnificio di Lambrate, dove Stefano Maffei (che si vede e si sente parlare), insieme a Stefano Micelli, Filippo Berto e ai ragazzi del team di Andrea Gianni preparavano il progetto AnalogicoDigitale per il Fuorisalone (Subalterno1 di via Conte Rosso 22, zona VenturaLambrate).

Straordinaria la tensione creativa e l’atmosfera carbonara che univa tutti i presenti, nei rispettivi ruoli e posizioni.

Per non parlare della stampante 3D, che ho visto per la prima volta e mi ha emozionato (dopo abbiamo stampato anche un fischietto!).

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=gIjP7dpzX84]

Read More

Vi ricordate “Il mondo è piatto“?

Se non ve lo ricordate, rileggetelo.

Se non l’avete letto, leggetelo.

No, non sono diventato un dogmatico impartitore di ordini, ma quando un libro è capace di darti una nuova visione della vita e del lavoro, io penso che quel libro vada letto.

Ora, durante un recente viaggio negli Usa ho scoperto che lo stesso autore – uno che vince Premi Pulitzer come io vado al bar a Lambrate – ha scritto, insieme a un professore della Johns Hopkins University School, un libro sulla crisi degli Stati Uniti, sulla loro scellerata leggerezza degli ultimi due decenni, sulla disastrosa situazione in cui si trova la loro economia.

In sintesi, sullo stato di cose che ha fatto dire al presidente Obama:

It makes no sense for China to have better rail systems than us, and Singapore having better airport than us. And we just learned that China now has the fastest Supercopmputer on Earth – that used to be us.

(Ed è così che si chiama il libro, That used to be us).

E io che c’entro, direte voi?

C’entrate, perché anche voi avete paura di perdere il lavoro, a causa di cose tipo, chessò, che il debito pubblico americano è nella mani dei cinesi. O temete che vostro figlio finisca a servire Dim Sum in un fast food cinese.

E Friedman si sofferma anche su queste cose (ed è questo che gli fa vincere i Pulitzer, secondo me: che mentre leggi i suoi saggi capisci che parla di te).

E arrivo alla mia abitudine di sintetizzare il libro in una frase, traendo spunto da una pagina che ho citato anche sul blog BertoStory:

Come faccio a gestire il mio futuro, la mia professione, il mio posto di lavoro in un mondo che cambia freneticamente, dove tutto ciò che può fare una macchina… è solo questione di tempo – lo farà lei al posto dell’umano che lo fa ora, come devo fare per difendere il mio lavoro o cercarmene uno?

Friedman-Mandelbaum suggeriscono tre atteggiamenti mentali:

1.
Pensa come un immigrante, cioè: non dare nulla per scontato, fai grande attenzione al mondo intorno a te, impara continuamente

2.
Pensa come un artigiano, cioè: metti un tocco personale, uno stile unico in tutto ciò che fai, e vanne fiero; comportati come se ogni cosa fatta da te portasse le tue iniziali

3.
Pensa come una cameriera, cioè: anche se il tuo lavoro non ti permette interpretazioni, se sei un esecutore, trova il modo di aggiungere un extra, come quel cameriere che ti porta la braciola con un contorno abbondante e ti dice “ti ho messo un po’ più di patatine”, segno che si è chiesto come poteva, nell’ambito limitato del suo lavoro, creare una differenza per sé

In sostanza: cercate fare quello che una macchina non potrà mai fare.

E buona fortuna.

Read More