— oh my marketing!

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Qui l’intervista al direttore marketing Febal sul nuovo corporate blog aperto da noi di Monkey, online oggi con il titolo Claudio Ferri/Febal: entusiasta del blog.

Si parla, in particolare, dell’iniziativa che ha portato l’azienda a scegliere il nome di una nuova cucina tra quelli proposti dalla blogosfera.

Monica Lazzarotto di Youmark riallaccia la questione all’articolo sulle tesi di Henry Jenkins, autore di “Cultura convergente”(qui una recensione), recentemente apparso su Youmark.

Ringrazio Youmark per l’attenzione e Claudio Ferri per le lusinghiere parole sul sottoscritto. Son cose che fanno piacere.

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Il mitico Robert pacioccone Scoble (autore di una delle mie bibbie, Naked Coversations, disponibile in italiano con il titolo Business Blog) ha messo giù cosa fare quando si cerca lavoro, ricordando i tempi duri che ha vissuto lui stesso. Umile, preciso, fattuale, deciso. Da leggere e mettere in pratica.

E, su mia richiesta (capito perché è mitico?),  dà anche suggerimenti sulla lettera di accompagnamento al cv (commento n. 24):


massimo: I wish I had saved it. It was just short. Sweet. To the point. And confident that I could solve their business problems.

Per chi è interessato, qui ci sono i miei, di consigli.

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Basta vedere cosa succede per rendersene conto (1 minuto e 57″).

[Disclaimer: è pubblicità, eccome se lo è].

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=_v3K_chbLmI&rel=1]

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Ho scritto un manifesto (il marketing dell’ascolto, per Aziende con le Orecchie). Vediamo se regge il confronto con quello, bellissimo, dei Ninja. Ho paura di no.

Il marketing dell’ascolto: 7 punti per le aziende.

1.
La nostra azienda è cosciente che i mercati sono conversazioni, e che un buon marketing non può prescindere dal loro ascolto.
2.
Pratichiamo l’ascolto per mezzo di strumenti trasparenti e partecipativi, quali ad esempio i blog.
3.
L’ascolto, per la nostra azienda, va oltre la semplice trovata di marketing. E’ insito al nostro modo di gestire l’attività aziendale.
4.
Ci piace utilizzare il linguaggio dei nostri interlocutori, lasciando da parte ogni autoreferenzialità. Crediamo che uno stile di comunicazione diretto faciliti la circolazione delle buone idee, e anche dei buoni prodotti.
5.
Sappiamo che in ogni vera conversazione c’è il rischio di venir criticati. Nel caso, ci impegnamo a rispondere con argomentazioni corrette e veritiere.
6.
Le nostre campagne pubblicitarie sono un momento di scambio con i consumatori. Per questo mirano a creare complicità e coinvolgimento, evitando approcci imperativi.
7.
Rispettiamo la privacy di chiunque entri in contatto con la nostra azienda, trattando i dati sensibili secondo le leggi vigenti.

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Di Clay Shirky, via Gapingvoid:

So forget about blogs and bloggers and blogging and focus on this — the cost and difficulty of publishing absolutely anything, by anyone, into a global medium, just got a whole lot lower. And the effects of that increased pool of potential producers is going to be vast.

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Sto leggendo Marketing non convenzionale, del gruppo Ninjamarketing. Arrivato a pag. 57 ho scoperto il loro manifesto, che ho trovato entusiasmante:

1. Dal brand-DNA al viral-DNA

2. Dal target alle persone

3. Dagli stili ai momenti di vita

4. Dalla brand awarenss alla brand affinity

5. Dalla brand image alla brand reputation

6. Dall’advertising all’advertainment

7. Dal media planning al media hunting

8. Dal broadcasting al narrowcasting

9. Dal fare comunicazione all’essere comunicazione

10. Dal market position al sense providing

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Facciamo un po’ d’ordine.

La mia agenzia di pubblicità si chiama Monkey business, ogni settimana aggiorno la directory di Aziende con le Orecchie (le aziende italiane che fanno marketing dell’ascolto, cioè blog etc., ad oggi 53 54) ed ho creato da poco il wiki dei corporate bloggers italiani.

Qui su ohmymarketing, ho una specie di rubrichetta fissa sui libri che leggo (tre libri sul comodino), tra i post più letti i consigli inutili per giovani creativi.

Ah, ho anche la mania del marketing dell’autonoleggio (nessun interesse, sono solo un utente insoddisfatto e brontolone).

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E le gatte di via plinio allora? Pure lì è sempre pieno di belle cose. Eh.

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Anzi, la blogger.

Ma andiamo con ordine.

Senza crederci troppo, più per curiosità che per altro, lanciai una piccola sfida a un pezzo di blogosfera italiana, quella che segue la creatività pubblicitaria: trovare il nome per una cucina.

Il gioco era: non per denaro ma per gioco, e anche per mettersi un po’ in mostra.

Il post originario sul blog di Febal Cucine (l’azienda cliente della mia agenzia) è qui, il post di ohmymarketing, invece, qui.

La risposta è stata incredibile, le proposte quasi 300, i commenti numerosissimi, il cliente felicemente stupito da tutta questa attenzione.

Non sono mancate alcune polemiche, forse anche comprensibili per certi aspetti, a cui ho cercato di rispondere al meglio che ho potuto, ma la verità è che non ci aspettavamo una risposta così, ci siamo trovati impreparati a tutto, anche alle critiche.

E il nome della cucina è stato scelto proprio tra quelli proposti dai blogger: Wendy. Qui l’annuncio ufficiale.

A questo punto, ci è sembrato giusto riconoscere concretamente tutto questa collaborazione spontanea. Ci abbiamo pensato un po’ poi abbiamo deciso, noi di Monkey Business, di dare un premio in denaro alla blogger Arianna, che ha proposto il nome scelto. Non una cifrona, ma un assegno che ad Arianna ha fatto piacere.

Da parte mia, sono contento di aver contribuito a scrivere questa storiella 2.0, vincendo qualche paura e sfidando un po’ – a rischio di una figuraccia con il cliente – le convenzioni.

Adesso posso farlo io un titolo?

Adv 2.0. Business as unusual.

Eh.

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Ho aggiornato i consigli inutili per giovani creativi con un paio di cose:

18.
Mettetevi su Elance.com e inserite questo sito nel vostro modello di business. Come, non avete un modello di business?

19.
Datevi. Un. Vostro. Modello. Di. Business.
Sì’, vostro, non quello della società dove lavorate, o quello di vostro zio direttore creativo. Vostro.
Hugh Macleod ha detto: 60 milion blogs, 60 milion business models. (Nel frattempo sono diventati 80, cioè 20 milioni di concorrenti in più).

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