— oh my marketing!

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In qualità di fondatore di Cowo, ho partecipato ai lavori del Comitato d’Indirizzo per Milano Capitale delle Startup, task force voluta da Comune di Milano e Camera di Commercio per sintetizzare l’approccio della città di Milano rispetto al tema della giovane impresa e – soprattutto  della nascita di nuove aziende.

A inizio lavoro ho scritto qui qualche considerazione, a lavoro concluso vorrei riportare ciò che mi è piaciuto in particolare, e anche una cosa che non condivido.

Mi è piaciuto:

– il dibattito sulla definizione di start up (e qui sono contento che quanto uscito dal gruppo milanese sia più ampio rispetto a quanto indicato dal decreto sviluppo del Governo, in altre parole, a Milano “Startup” è un concetto più aperto e inclusivo che nel resto d’Italia, come sottolinea anche l’assessore Tajani nel video)

– lavorare a un tavolo dov’erano seduti Comune, Camera di Commercio, due società di venture capital, due avvocati, il coordinatore dell’incubatore del Politecnico di Milano, spazi di coworking/incbazione

– portare avanti un’agenda di lavoro in modo efficiente, e qui vanno ringraziati gli ottimi Giacomo Biraghi e Alvise De Sanctis

Non mi è piaciuto:

– quando la discussione è andata sui luoghi di lavoro tipici della giovane impresa e mi sono sentito dire che la tendenza mondiale è quella di accentrare le energie in singoli luoghi; avrò una visione distorta per la diffusione capillare del progetto Cowo – presente in egual misura in grandi città e piccoli centri, e sempre a costi bassissimi o nulli – ma la penso esattamente al contrario: io credo che serva sostenibilità diffusa, sparsa sul tessuto territoriale e quindi aperta, non luoghi unici, soggetti a logiche gestionali impegnative (e a modalità di coinvolgimento per forza selettive).

In ogni caso, un grazie a tutti per il coinvolgimento, e l’augurio che il lavoro dia buoni frutti da subito, già nell’anno che inizia domani.

E per chi vuole leggere il documento, cliccando qui lo può scaricare.

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Se fossi chiamato a dire la mia su come far diventare Milano la capitale delle Start Up (e lo sono, pare), ecco cosa direi (e lo dico).

Il mio ragionamento verte su tre assi:

Sostenibilità + Luoghi fisici + Dinamiche di network

Vado sui tre punti.
Sostenibilità: informativa ed economica

– Sostenibilità delle informazioni

Chi inizia un’attività è atterrito dal mondo burocratico e dall’incertezza/poca trasparenza riguardo a “cosa mi aspetta”.
Evidente come tale aspetto sia anche un forte deterrente ad iniziarla, la start up.
Inoltre, energie preziose vengono spesso male impiegate nella ricerca delle informazioni/procedure.
 
Ergo, informazione e supporto appaiono fattori chiave.
Risultato desiderato: 
Chi avvia una start-up deve sapere dove andare per avere tutte le informazioni che gli servono, nonché assistenza vera sui processi. 
Tutto questo sarebbe bene si svolgesse online, ma ritengo non si possa prescindere da uno sportello “fisico” realmente efficace, e per efficace intendo:
  1. in grado di gestire affluenze massicce (no code)
  2. in grado di comprendere le esigenze ed essere smart – non farmi tornare per una marca da bollo, non chiedermi una fotocopia in più se la puoi fare tu
  3. aperto in orari utili per chi già lavora (se devo lanciare una startup è probabilissimo che lavori anche da un’altra parte, e comunque non ho di sicuro né tempo né segretarie da mandare in giro dalle 9 alle 17)
  4. interconnesso, cioè pronto a comunicare e interagire anche online, via mail e social network
     
– Sostenibilità delle condizioni economiche
Non so quanto sia in nostro reale potere pensare di intervenire, ma il dover iniziare a versare balzelli (vedi Inps) ancora prima della prima fattura è – da solo – un fattore che rischia di vanificare qualsiasi sforzo, compreso il nostro.
Chi fa nascere un’impresa deve godere di un intervallo tra il presente e il momento in cui gli si inizia a succhiare il sangue (sangue = risorse finanziarie, tempo, energia). Perdonate il linguaggio colorito, ma è così.
Occorre lasciare che le startup tentino di prendere il volo, senza zavorre economiche in forma di balzelli improbabili.
In questo senso, propongo di trovare forme di agevolazione fiscale significative e comprensibili (attenzione: la chiarezza di informazione è cruciale, inutile proporre cose che capiscono solo i commercialisti – questo anche in chiave di marketing, tutto va comunicato in modo strachiaro, con possibilità di interazione sempre a tutti i livelli, non dimentichiamo che ogni atto è comunicazione, anche in negativo. In questo senso, Milano potrebbe lanciare una campagna di marketing incentrata sul favore fiscale delle aziende che nascono qui).
Tornando al tema: Imu? Tarsu? Altre idee per esenzioni e agevolazioni?
So di entrare in un ginepraio, ma secondo me il problema vero è uscire dal ginepraio in cui ci troviamo, essendo il ginepraio un luogo dove possono nascere molte cose, ma non certo nuove imprese.
Risultato desiderato:
Chiunque in Italia deve sapere che far partire una nuova impresa a Milano è fiscalmente vantaggioso. Per motivi chiari, facilmente comprensibili e comunicabili.
La convenienza deve risultare sia oggettiva (economica) sua in termini di comunicazione (Milano = luogo che capisce la nuova impresa).
 Luoghi fisici: privati e pubblici 

– Luoghi fisici privati

Durante il lavoro svolto da Cowo in questi anni (facciamo nascere situazioni di coworking in uffici privati esistenti, siamo attualmente a 59 in tutta italia), ho potuto osservare come il tessuto della società sia ricchissimo di fattori propositivi, tra questi la disponibilità molto diffusa a “contaminare” il proprio luogo di lavoro con altre professionalità.
Per questo mi sento di affermare che i luoghi fisici da ricercare/favorire non sono necessariamente di nuova istituzione, anzi: il luogo fisico “esistente” ha gli enormi vantaggi di:
  1. essere a costo zero (esiste già, c’è già chi ne sopporta i costi)
  2. far trovare agli interessati una rete umana e professionale di collegamento da parte dei titolari dello spazio
 In sostanza, i coworking sono già pronti, laddove ci sono persone disponibili e spazi.
Garantisco che ci sono entrambi (se li troviamo noi lavorando online mentre svolgiamo i nostri dayjob, è fuori di dubbio che un’istituzione ricca di mezzi possa fare altrettanto…), non servono gli investimenti, basta un po’ di coraggio e di voglia di sperimentare.
In altre parole, propongo di attivare meccanismi volti a:
  1. individuare spazi privati presidiati (cioè sedi di attività operative) disponibili ad “ospitare” startup
  2. studiare e attivare meccanismi di matching tra aspiranti startup e società esistenti, in modo da poter “assegnare” a società/uffici disponibili startup in fase iniziale
  3. mettere a punto una griglia valutativa per identificare, da una parte e dall’altra, chi è adeguato a entrare nel programma
Penso che questo approccio avrebbe anche l’effetto collaterale positivo, verso le società “ospitanti”, di “risvegliare” situazioni professionali un po’ arenate e chiuse in se stesse.
Risultato desiderato:
Deve essere chiaro a chi vuol far partire una startup che è possibile trovare una sistemazione logistica presso un’altra società – a condizioni sostenibili e orientata alla collaborazione – con modalità semplici e tempi brevi.
– Luoghi fisici pubblici, delle istituzioni
Da tempo sostengo che situazioni di luoghi per la condivisione professionale in chiave collaborativa sono assolutamente alla portata del pubblico, a patto che il pubblico sia pronto a entrare in una situazione sperimentale, dove gli oneri non sono economici, ma legati a:
  1. dedicare spazi esistenti non utilizzati
  2. incaricare una persona di essere gestore/main networker dello spazio (questa persona può essere un lavoratore temporaneo, che può dedicarsi, durante il giorno, anche ad altra attività, di studio o lavoro online)
  3. coinvolgersi in un approccio aperto a dinamiche in evoluzione, che richiedono presenza e capacità adattative
Come sempre, nel caso degli spazi professionali condivisi in chiave collaborativa, quello che serve veramente non è hardware (tavoli, sedie, muri), ma software (persone, relazioni, networking, eventi). 
Per questo il fattore chiave non è trovare gli stanziamenti economici per ristrutturare/mettere a norma vecchie fabbriche, maimpegnarsi, con persone che frequentano gli spazi, a far nascere vere comunità di professionisti motivati a condividere e far nascere idee e progetti.
Risultato desiderato:
Agli startupper deve essere noto che a Milano vi sono realtà preposte a rendergli la vita più facile, a partire dal luogo dove lavorare.
Dinamiche di network: per gli startupper e per la città

– Networking per startupper

Negli spazi di coworking, il networking a due livelli (online e fisico) si attiva in automatico: perché i Cowo si individuano online (dove si scambiano informazioni e richieste), perché una volta nel posto incontri le persone, perché tra spazi di coworking ci sono rapporti di conoscenza che incoraggiano incontri e scambi.
Detto questo, le dinamiche di networking, che poggiano su meccanismi di comunicazione (social network, reti fisiche), devono essere trasversali a tutto ciò che verrà deciso di fare, per vari motivi:
– il networking è la linfa vitale di una community, e – se vogliamo avere un approccio sistematico – le startup devono essere una community, il cui fulcro è la città di Milano
– il networking poggia su meccanismi di comunicazione, il che significa che ogni informazione scambiata tra due soggetti del mondo start-up viene potenzialmente condivisa dalla startup community allargata (= marketing continuo per Milano capitale startup)
– il networking è anche marketing, come tutti sappiamo, e solo un deciso approccio di condivisione informazioni/ascolto/dialogo online e offline può diffondere il concetto di “Milano startup city”, naturalmente sulla base di fatti reali e verificabili (e non di concetti astratti)
– il networking, se è aperto e “vivo” è un fortissimo strumento di recruiting e coinvolgimento di soggetti nuovi, una vera e propria campagna di marketing sempre attiva, ovvio che occorre gestirlo con ascolto e partecipazione; in questo senso penso alla capacità della comunicazione online di costruire una online reputation premiante, anche verso investitori stranieri
Nell’esecuzione di questa strategia, massima attenzione e cura va messa negli aspetti formali, in quanto, come in tutte le cose, il linguaggio è un metalivello: come parlo mi definisce.
Il networking è fatto di comunicazione, una comunicazione dai toni sbagliati (troppo ufficiale, o fintamente facile, o ingenua, o poco trasparente) mina alla base qualsiasi intento di networking.
Risultato desiderato:
“Io startupper sono cosciente che a Milano, non solo mi aiutano in vari modi a lanciare la mia impresa, ma trovo terreno fertile per la rete di contatti in cui vengo automaticamente inserito per il solo fatto di entrare nel circuito degli startupper a Milano”.
 

– Networking per la città

 
Le attività di networking, siano esse legate a comunicazione, eventi o contatti di altro tipo, devono essere sapientemente seguite (non necessariamente “dirette”, ma seguite con attenzione), per poter far sì che ogni scambio sia produttivo e funzionale alla costruzione di un posizionamento forte e credibile di Milano StartUp Capital.
Risultato desiderato:
Milano = Startup capital, per tutti i soggetti dello scenario: startupper, stakeholder, investitori italiani ed esteri.
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