— oh my marketing!

Sono stato gentilmente invitato da Maurizio Ratti aka Mizio a contribuire al programma di radiovenerdi17, che trasmetterà domani in diretta, dalle 17 alle 21, una tavola rotonda di pubblicità e pubblicitari.

I temi previsti riguarderanno le prospettive professionali per i giovani in pubblicità, e l’immagine della donna in pubblicità.

Tutti sono invitati, non solo ad ascoltare, ma anche a partecipare, al Frizzi e Lazzi di Via Torricelli 17: qui infatti c’è l’evento Facebook. A domani!

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Pochi giorni fa il progetto di coworking a cui lavoro dal 2008 ha fatto una presentazione al primo congresso europeo sul tema, Coworking Europe 2010, svoltosi a Bruxelles il 18-19 novembre scorso.

Il titolo del nostro intervento è stato “The future of coworking” e ha presentato 7 ipotesi di sviluppo del fenomeno del coworking.

Una di queste ipotesi descrive il coworking come una possibile piattaforma per iniziative di marketing e digital pr (vedi slide 6 e 7 della presentazione qui sotto), e porta ad esempio la distribuzione del mio libro in tutti gli spazi Cowo, iniziativa che ha portato anche ad una serata di presentazione, al Cowo Udine/Ufficity.

Ora, l’ipotesi di lavoro è nella mia testa, il libro l’ho scritto io: non è stato difficile creare questa occasione di “coworking come piattaforma di marketing”.

Ciò che mi ha piacevolmente colto di sorpresa, invece, è stata la mail dell’altro ieri in cui mi si chiede se la rete Cowo è interessata a fare dei product test sui telefoni di una multinazionale importante.

Mentre rispondevo affermativamente, dentro di me pensavo…

Che il futuro del coworking sia già arrivato?

Nell’attesa di scoprire come andrà a finire, rivediamoci le slide presentate a Bruxelles… (se invece volete il video, lo trovate qui).
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Una parola che non è mai detta troppo spesso. Dedicata ai maestri (anche cattivi), a chi mi vuole bene, mi stima, mi stimola, mi fa crescere. A chi mi dà da pensare e a chi mi dà da mangiare. A chi sta leggendo queste righe, a chi mi segue online, offline, borderline. E agli  americani che hanno inventato il Thanksgiving.

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Alla lettera sulla scuola che ho appena ricevuto, dove il sindaco Moratti mi informa che è stato assegnato il bando per l’assegnazione di un fondo anticrisi di 5 milioni di euro e che nel 2011 saranno disponibili 2 milioni di euro per l’acquisto di arredi e che per i prossimi due anni sono stati stanziati 30 milioni di euro per opere di manutenzione (i grassetti non sono miei, ma suoi), vorrei rispondere che nella classe di mio figlio ci sono almeno 4 casi gravi di cui uno violento, che ogni giorno fa temere per la salute sua, dei compagni e delle maestre (che in due non riescono a trattenerlo quando s’infuria e devono chiamare aiuto dalle altre classi), e non si vede uno straccio di sostegno, aiuto, supporto alle insegnanti, nonostante continue e ripetute segnalazioni. Magari se dedica anche a questo qualche milione di euro in grassetto noi a Lambrate dormiamo più tranquilli.

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L’inserto tuttolibri de La Stampa mi ha accompagnato per anni.

In certi sabati torinesi della mia giovinezza me lo bevevo tutto, dalla prima parola all’ultima.

Figuratevi che piacere ritrovarlo, in edizione iPad, ancora più bello, più multimediale, con la cura editoriale e grafica di sempre.

Highly recommended a chi ama i libri, e pazienza se sto mischiando lavoro e passione, la passione per i libri è nata prima e morirà dopo qualunque mio incarico professionale.

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“Il diritto a una vita relazionale piena e attiva”.

Se non sbaglio era questo il “grido di guerra” del vicesindaco di Venezia Michele Vianello, nei mesi in cui si batteva per dare alla città di Venezia il wifi gratuito.

La visione alla base di questo progetto, divenuto realtà nell’estate del 2009, è l’oggetto di questo libro.

Lo voglio leggere perché, come non mi stanco di ripetere, tifo per l’Italia e per le eccellenze che è in grado di esprimere. Troppo spesso cerchiamo esempi da seguire oltreoceano, e ci dimentichiamo dei maestri che vivono e lavorano nei nostri confini.

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Molti giudicano i ristoranti dallo stato dei loro bagni. A volte funziona anche con le persone (capire come sono davvero da ciò inavvertitamente fanno vedere di sé, quando sono lontano dagli sguardi di tutti).

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La milanese trapiantata a San Francisco Elisabetta Ghisini ha scritto, insieme ad Angelika Blendstrup, “Communicating the American Way: A Guide to Business Communications in the U.S.” con un focus molto preciso: spiegare agli imprenditori che arrivano negli Usa (ma forse dovrei dire in Silicon Valley) come comportarsi per:

1. Farsi accettare dalla business community
2. Soffrire (professionalmente e umanamente) il meno possibile lo shock culturale
3. Spianarsi la strada della carriera negli Usa

Secondo me il libro avrebbe potuto intitolarsi “Communicating the business way”, perché mi è parso un intelligente e approfondito trattatello su come comunicare in un business environment.

Spero che Elisabetta non prenda male quello che è secondo me un bel complimento, so bene che sto, in un certo senso, passando sopra l’attenta e raffinata prospettiva linguistico-culturale che permea ogni pagina del libro.

Ma l’operazione che ne è risultata, a mio parere, è di livello superiore.

Non conosco i pattern comportamentali nelle economie emergenti asiatiche, ma in Europa certamente il pragmatismo, la considerazione del tempo altrui, la coscienza dei rispettivi ruoli e il loro rispetto (almeno formale!), uniti a una certa informalità volta alla sostanza delle cose, ormai sono lo  standard. E se non fosse per gli americani, che hanno imposto un certo stile con la forza culturale che li contraddistingue, chissà, forse metteremmo ancora le maiuscole reverenziali nelle email.

Ecco perché mi sento di consigliare la lettura di questo libro, tout-court, non solo a chi si reca negli Usa con un’idea imprenditoriale in testa, ma a chiunque voglia comportarsi nel modo giusto all’interno di una business community.

Il libro in una frase, come di consueto:

Se non volete tempo in stupidi errori di comportamento, investite due ore nella lettura di questo libro!

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Che grande lezione ci danno questi ragazzi.

E se non vi basta il video, leggete come salutano l’Italia mentre vanno in America.
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[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=3kEaNjuHDNo&feature=player_embedded]

[via siliconvalleyitalia]

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Anche se non ne parlo più tanto, non per questo ho smesso di pensare a un modo di usufurire del bene automobile secondo un modello un pochino più innovativo di quello dell’acquisto.

Registro l’accordo di qualche tempo fa tra Car Sharing Italia e Guidami (di ATM) come una buona notizia, anche se il car sharing, dopo averlo testato per un anno, mi continua a sembrare un’opzione per signore che vanno all’Ikea o per single che vanno al cinema, non una valida alternativa all’auto di proprietà per chi ha famiglia, fa viaggi di lavoro, ha esigenze un pochino più forti, insomma.

Apprendo con piacere che Peugeot ha lanciato l’auto a punti (Mu), concetto a mio avviso interessantissimo, tutto da esplorare (anche in ambito coworking, perché no).

Mi iscrivo al Bike Sharing, e rimando ogni decisione.

Mi tengo la mia auto altri tre anni, perché l’offerta di noleggio a lungo termine più vantaggiosa che ho trovato è ancora lontana da ciò che intendo investire (150 euro/mese).

Scommettiamo che in questi tre anni ci arriviamo?

Sono solo curioso di vedere con chi (sarebbe buffo che non fosse una casa automobilistica né un rent-a-car, no?)

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