L’importanza del tono di voce.
Chi nella vita ha affrontato un brief (ricordate i brief? Il prodotto, poi il benefit, il plus, la reason why… erano carini, eh) forse ricorderà che a volte, in fondo, c’era la riga del tono di voce.
Ho sempre avuto un debole per il tono di voce, quella sfumatura di senso che attraversava tutta la campagna, dalle scelte tipografiche al taglio delle luci.
Secondo me, il tono di voce è una guida nella vita.
Se alla riunione di condominio togli il contenuto ai discorsi che senti e guardi solo come la gente dice quello che dice… magari scopri che il ragioniere del secondo piano è una brava persona.
Poi i titoli dei libri: come facevi a non comprare Opinioni di un clown? O a non ascoltare Il vitello dai piedi di balsa? O certe bodycopy (My son, the pilot, gli annunci Voiello di Mignani)… o quel titolo di Pino Pilla: Mi offriresti un whisky? No.
Forse il tono di voce è il lato estetico di un discorso.
Adesso cito Brodskij (improvviso colpo d’ala del post!): l’estetica è la madre dell’etica.
Giudice: Qual è la tua professione?,
Brodskij: Traduttore e poeta.
Giudice: Chi ti ha riconosciuto come poeta? Chi ti ha arruolato nei ranghi dei poeti?
Brodskij: Nessuno. Chi mi ha arruolato nei ranghi del genere umano?
(Atti del processo del 1964)
Comunque volevo dire che, anche bloggando, visto che non puoi certo seguire tutto (abituarsi in fretta all’idea che la cosa è fuori dal mio controllo, come dice la 16a slide di questa bella presentazione segnalata delle gatte di via plinio) la buona vecchia regola del tono di voce aiuta molto.
Così mi ritrovo a non leggere quel post dal contenuto perfetto per me, il mio lavoro, i miei clienti, la mia riunione di domani… e invece quell’altra cosa, apparentemente gratuita, svincolata e lontana dai miei interessi, guarda guarda, mi è già entrata negli occhiali e si sta accomodando nel cervello perché… mi piace il suo tono di voce.