— oh my marketing!

Il cliente ideale.

Tutti noi, in pubblicità, lavoriamo per dei clienti.

Chi è in proprio li frequenta direttamente, e ne subisce i condizionamenti, in senso positivo e negativo.

Del resto è giusto che sia così, e quando il cliente è illuminato il condizionamento è per il meglio.

Pensando alle caratteristiche del buon cliente (lasciamo perdere il cliente ideale, figura idealizzata quindi inesistente) vengono in mente molte cose, alcune importanti ed ovvie, alcune meno importanti e forse più legate all’atteggiamento: la buona educazione, la correttezza nella routine operativa, il ricordarsi di dirti che ha visto la campagna (come fatto di cortesia, non di giudizio valutativo), il ringraziare, il trovare il tempo, di quando in quando, per interessarsi all’evoluzione del tuo business… tutte piccole cose che, secondo me, contano quanto le grandi e forse più (come sempre). Cose che contano anche nei confronti dei giovani collaboratori, che imparano sul campo i fondamentali del comportamento etico in ambito professionale.

Poi ci sono le cose grandi: il metterti in condizione di fare un buon lavoro (brief, tempi, informazioni), il farti parte in alcune scelte (non necessariamente di comunicazione, ma anche di management, o di vita aziendale), l’interpretare il lavoro dell’agenzia come opportunità di crescita, il saper stimolare e comprendere, il pagarti nei tempi, il capire le tue potenzialità e aiutarti a raggiungerle, l’essere un riferimento anche umano e non solo professionale (le due sfere non sono distanti, no?).

Ma al di là di tutto questo, in my humble opinion, le piccole e grandi cose che fanno di un cliente un buon cliente si riassumono tutte in un’unica caratteristica, nettamente riconoscibile dopo poche settimane di collaborazione.

E’ il sentire la comunicazione come aspetto fondamentale dell’attività imprenditoriale.

Chi non sente la comunicazione come strategicamente fondamentale, può essere la persona più corretta, piacevole, interessante e stimolante del mondo, ma alla fine non quaglierà un gran che. Sulla lista delle priorità avrà sempre qualcos’altro prima di voi e del vostro lavoro.

Al contrario, chi vive la comunicazione come qualcosa di fondamentale (per qualsiasi ragione, anche non “canonica”, quale ad esempio una sana passione personale) darà quasi sicuramente la massima importanza al lavoro del pubblicitario. Perché ce l’ha dentro, e non ce n’è per nessuno.