— oh my marketing!

Cos’è per noi un art director.

Di cosa parliamo quando parliamo di art director?

Credo che anche il mestiere dell’art, come altri, sia nel pieno di una forte evoluzione.

A mio parere, è un’evoluzione che va verso un’idea rinascimentale del talento (idea rinascimentale del talento, ma come mi vengono?), cioè qualcosa che unisce il talento personale con la capacità di gestire capire amare e risolvere un insieme molto variegato di cose, non necessariamente preordinate, e spesso affrontandole per la prima volta, con spirito da illuminato dilettante.

Ma andiamo con ordine.

Intanto, per noi chi? Per noi monkeys.

Premessa (solo apparentemente fuori tema): come sempre nelle agenzie piccole, siamo abituati a fare mille mestieri, oltre al nostro. C’è però una novità, e cioè che questo atteggiamento non è più un minus, una cosa un po’ imbarazzante a cui ci si adegua malvolentieri, ma bensì un plus.

Saper fare un milione di cose (e farle tutte insieme) pare sia trendy.

Perché la tendenza professionale del futuro è multiruolo. (Ragazzi nei piccoli studi, su la testa: i professionisti del futuro sono come noi [saremo mica noi!] multiruolo, multitasking, multitalented, multi incasinati, e positivi).

Non lo dico io, ma lo spirito del tempo che, ormai con molta e frequente evidenza, suggerisce:

Nel futuro le competenze dei professionisti saranno molto più ampie

Gli steccati professionali stanno cadendo uno dopo l’altro

Il successo presuppone una formazione permanente continua

La cultura della “bella figura” è finita, è arrivato il momento dei talented beginners

I nostri figli avranno in media tra le 10 e le 14 carriere

[Rimando alla bella discussione sulla formazione alle professioni del futuro avviata da Maurizio Goetz sul blog adci, per qualche buon approfondimento].

Ma torniamo al nostro tema: cos’è per noi un art director.

Intanto, chiariamo subito che anche per noi è chi vede la campagna prima di realizzarla, chi ne imposta gli aspetti visivi, chi inventa il messaggio insieme al copy ecc.

Detto questo – che è tantissimo, ma poteva essere detto anche nel 1974 – noi crediamo che un art director sia anche altro, di più.

E’ talmente di più, che esce dal seminato del suo mestiere tradizionalmente inteso, per entrare in territori professionali diversi.

L’art ruba il lavoro ad altre figure? No, è il lavoro che cambia.

Le fasi di lavoro sono troppo integrate per consentire rigide divisioni di ruolo.
Le divisioni dei compiti diventano organizzative (io faccio questo e tu fai quello, ma entrambi sappiamo fare questo e quello. E lavorare così rende entrambi più bravi su entrambe le cose).

Prendiamo l’area della produzione.
Il fatto che il file da consegnare allo stampatore o all’editore (il famoso esecutivo) sia diventato digitale, va di pari passo con il fatto che l’esecuzione della creatività è anch’essa digitale (ho detto l’esecuzione della creatività, non la creatività, che continua a essere quella cosa che si fa sotto la doccia, dormendo, mangiando, facendo l’amore ecc).

La proposta creativa che arriva al cliente è quindi un file digitale da cui poi – a campagna approvata – nasce il file esecutivo.
E siccome il passaggio non è per niente complicato (anche se occorre sapere bene quello che si fa), il lavoro dell’esecutivista diventa superfluo.

Se poi l’art è un buon conoscitore di photoshop (e lo è) e ha seguito un po’ di volte la postproduzione delle sue campagne presso i ritoccatori professionisti o i fotografi digitali (e deve averlo fatto), riesce anche a gestire direttamente fotoritocchi di media difficoltà, con buona pace del digital retoucher di turno.

Di qui alla consegna del file via portale (con il digital asset management) il passo è breve, e siamo nelle competenze del vecchio ufficio traffico, senza aver lasciato la postazione dell’art.

Tornando in ambito puramente creativo, chi non ha mai fatto una campagna con una propria foto?

Con il digitale, la cosa è diventata addirittura banale. Non serve nemmeno la scansione. (Ciao, fotolitista).
Certo, non stiamo parlando della campagna del secolo (ma chissà, magari la campagna del secolo avrà una digitale fatta al volo, stile lomo), ma di onesti packshot senza particolare difficoltà, oppure di materiali di servizio. Lavoro, comunque, e tanto, e dignitoso.

(Non scoperchiamo la pentola delle foto di stock, su cui si potrebbe dire molto, specie ora che i tradizionali archivi sono in crisi per i vari Fotolia, Stock.xchng ecc che ti vendono foto anche belle a 1 dollaro).

Capita anche di scattarsi la classica foto-giusto-per-il-layout che poi fa innamorare il cliente ed esce in campagna.

Mi dispiace per gli amici fotografi, ma gli art si stanno impossessando di una parte del loro lavoro, forse quella più estemporanea e meno impegnativa (a volte con risultati sorprendentemente gradevoli, proprio perché non di mestiere).
E nulla vieta ai più appassionati di cimentarsi regolarmente in campo fotografico.

Naturale poi che, grazie a internet, quello che era il prezioso schedario dell’art buyer (con la preziosa agenda piena di preziosi numeri di telefono) abbia preso la forma di una serie di bookmarks sul browser internet… dell’art ovviamente.

Ma questo post sta diventando troppo lungo, quindi non cominciamo neanche a parlare di video, a fare discorsi di regia, editing, luci, ma insomma basta citare youtube e zooppa e ci siamo già capiti.

Ecco cos’è per noi un art director.
Un maestro straordinario di tante discipline, sempre pronto a impararne una nuova, pur di migliorare la sua campagna.

E se ci penso, non credo nemmeno sia una gran novità, perché i più begli art che ho visto (da Michele Goettsche, ineguagliabile nello schizzare qualsiasi font a mano libera, a Roberto Battaglia, maestro anche nelle musiche) hanno sempre incarnato questo loro ruolo di fantastici artigiani del sapere visivo, quali che fossero gli strumenti a loro disposizione (digitali o meno, non conta niente).

(Dimenticavo: l’art director vede anche i titoli. Sì, li vede, ha un approccio visivo ai concetti. Questo però non riesco a spiegarlo, vi auguro solo di provarlo, perché è troppo bello).