— oh my marketing!

Consigli inutili per giovani creativi.

Sono colpito dalle testimonianze di alcuni giovani (studenti e non) sul blog dell’ Adci riguardo all’enorme frustrazione che colpisce chi vuole fare il creativo.

Ora, siamo passati tutti dalla fase in cui fai sacrifici inenarrabili pur di fare quello che ti piace (valga per tutti l’esempio di Maurizio Sala, che scaricava camion dei traslochi per arrotondare).

Ma ora è diverso.

I sacrifici richiesti ai giovani hanno la stessa durezza che hanno sempre avuto, ma la contropartita è praticamente scomparsa.
E’ ormai chiaro che, mentre per la nostra generazione le contropartite erano là, sotto i nostri occhi, sotto forma di carriere che vedevamo realizzarsi, di premi economici ed esistenziali percepibili nell’aria, di un apprezzamento sociale tangibile, oggi tutto questo non esiste più.

A un giovane si chiede di essere bravo, bravissimo, di spaccare il mondo (come si è sempre fatto), ma gratuitamente e senza prospettive.
Un rimborso spese più i ticket quando va bene.
E non tre/sei mesi, ma anni.
E dopo anni, spesso e volentieri, un calcio nel sedere.

Logico che uno si impalla, va in crisi.
Se è abbastanza forte da reggere questo gioco sporco, deve essere contento quando rimedia uno straccio di contratto (la parola assunzione non si nomina neanche più) arrangiandosi in una situazione di mediocrità più o meno prestigiosa (a seconda di dove è finito, i più fortunati in agenzie di qualche credibilità creativa – spesso legata più che altro a glorie passate – la maggior parte in ambienti di variegato squallore professionale e magari anche umano).

Non sono informatissimo, ma neanche completamente disinformato (alcuni ragazzi arrivano anche da me, sento qualche storia di miei ex-studenti di accademia): credo che queste sorti tocchino quasi tutti, con rare eccezioni.

Trovo odioso (e suicida) maltrattare il talento di un giovane.

In particolare, il delitto è doppio, perché oltre ad ammazzare il potenziale dei giovani, lo si ammazza in un momento in cui i tempi sono interessantissini e densissimi di possibilità per chi ha talento.
Il fatto che non si sappia bene dove impiegarlo, questo talento, non è un fattore negativo, ma ultrapositivo.
I giochi sono aperti come non lo sono mai stati, non lo dico io ma gente ben più importante e informata.

Mi viene spontaneo ripensare ai miei tentativi (durati anni e per certi versi ancora in corso) di provare a me stesso e agli altri che valevo, e non poco, anche oltre il diploma di ragioneria e il posto in banca (disertato all’ultimo momento per una crisi mai abbastanza benedetta).

C’è poi la questione del *ho sbagliato i tempi per fare questo mestiere*.

Vorrei rassicurare chi la pensa così, dicendogli: hey, non è vero. Credi questo perché ti senti in difficoltà, e chi è più avanti di te ti sembra avvantaggiato. Ma non è vero.

Mi sento di affermarlo perché per tutta la vita ho pensato la stessa cosa, e solo di recente ho capito che è sempre stato falso.

Quando, nel 1984/85, facevo il copy in triveneto, avevo un capo che aveva la mania di dirmi: vedi, la tua generazione è sfigata, perché viene dopo la nostra, che è quella che ha messo le basi moderne di questo mestiere.
La tua fa un po’ da gregario, poi la successiva farà le altre innovazioni importanti.

Poi arrivai a Milano (1986). L’avvocato Agnelli fece i titoli di tutti i giornali con la frase “La festa è finita”. Gli anni Ottanta, con tutto il loro carico di denaro, yuppismo e abbondanza, iniziavano a finire. Ricordo la risposta a una mia richiesta di aumento di stipendio, in Canard (circa 1988): sono finite le vacche grasse. (Mia risposta alla risposta: e chi le ha mai viste, le vacche grasse?).

1991. Quella che era una delle agenzie più belle (e ricche) del momento, la Canard appunto, crolla. Trovare un’altra agenzia è un vero dramma. L’economia mondiale subisce i contraccolpi durissimi della Guerra del Golfo, assunzioni bloccate ovunque.
Tra colleghi ci diciamo: cazzo, fosse successo un anno prima, eravamo tutti sistemati.
Solo alla fine dell’anno, con un colpo di fortuna, riesco a entrare in Pirella.

1992-96: alla Pirella. Per chi c’è stato, e anche per molti altri, è un mondo a parte, fatto di una durezza spietata da un lato e di un prestigio creativo indiscusso dall’altro, dovuto naturalmente allo standing dei suoi fondatori e agli eccezionali risultati da loro conseguiti nel tempo.
Bene, quando ci sono arrivato io tutto sembrava al capolinea: gli anni belli sembravano essere rimasti in via Vincenzo Monti (l’agenzia si era trasferita in piazzale Biancamano), il reparto creativo era dolorosamente spaccato in due, ai premi l’agenzia non raccoglieva più le bracciate di ori cui era abituata.

Poi lascio (1996) per fare il freelance. Mi dico: okay diamoci sotto, anche se la stagione d’oro dei free è finita.
(Non so perché avevo sempre quest’abito mentale, forse perché sono un beginner dentro).

Idem quando apro la mia agenzia di creatività (qui le date sono fluide, dalla prima volta dal notaio – 1998 – all’apertura dell’ufficio/casa – 1999 – all’apertura della sede attuale – 2002).
La notte mi scopro a pensare: la boutique creativa, figuriamoci.
La facevano Cernuto e Pizzigoni negli anni 80, senza contare che c’è in giro gente come D’Adda e Vigorelli, Marini, Casiraghi… ma dove credi di andare.

Lungo lunghissimo preambolo per dire: ragazzi, non è vero un cazzo che i tempi sono sbagliati.
Almento su quello, rassicuratevi.
I tempi sembrano sempre sbagliati a chi inizia.
Non è perché Barbella è in pensione che sembra impossibile fare il copy come dio comanda.
E’ perché essere bravi sembra sempre impossibile.

Basta così.

Questo era il preambolo, perché stasera mi sono seduto con l’idea di dare dei consigli inutili.

(Perché inutili? Così, per scaramanzia, vedi mai che qualcuno li segue e poi viene a dirmi che non gli sono serviti a niente…)

HERE WE GO, GUYS. MY TWO CENTS FOR YOU.

1.
Sapete l’inglese? Se non lo sapete, spegnete il computer, fate la valigia, svuotate il bancomat e partite. Non tornate prima di un anno. Partite da soli. Immediatamente.

2.
Lavorate duramente al progetto di cercarvi un lavoro, uno sbocco decente per il vostro talento. Dedicatevi più duramente a questo che al vostro lavoro normale (se ce l’avete).
Non vuol dire fregare il tempo al vostro day job, vuol dire essere coscienti che siete in missione permanente.
Non scordate mai che cercare un lavoro è un lavoro molto serio, che richiede energie costanti, intense e prolungate.

3.
Createvi una rete.
Cercatevi su internet tutti quelli che possono esservi utili in qualsiasi modo (direttori creativi, freelance, imprenditori illuminati, gente di cui parlano i giornali, insegnanti universitari, giovani che ce l’hanno fatta, italiani che fanno un lavoro che vi piace all’estero, scrittori, artisti, agenti, talent-scout, soci delle associazioni di categoria, gente che vi ispira, al limite anche gente famosa): reperire un’indirizzo email o un info@quelchelé non è per niente difficile.
Createvi un database massiccio, imponente, in Italia e all’estero.
Dedicatevi per un mese solo a questo, tutti i giorni, e costruitevi lo zoccolo duro. Poi avrete altro da fare, e sarete contenti di averlo fatto prima. (Anche dopo, però, lavorateci continuamente, aggiornandolo sempre).
Su questo punto torniamo dopo.

4.
Producete qualcosa. Con regolarità e costanza. Imponetevi della disciplina. Possibilmente fate qualcosa di coerente (siete copy? scrivete, ecc), ma se proprio non ce la fate non dannatevi nella coerenza, purchè facciate.
La tecnologia vi dà una mano enorme (youtube ecc) le idee non sono mai state così facili da produrre.

5.
Scrivete un ebook. Se non avete l’argomento non importa. (Voi siete l’argomento). Suggerimento: pensate a un bel titolo, sedetevi e scrivete. 50 pagine minimo. Poi divertitevi a impaginarlo. (Scrivete anche se non siete copy, imparate da Lorenzo Marini).
Scrivete in modo che qualcuno possa trovare interessante e divertente quello che dite, ovviamente (altro esempio: quelli che hanno scritto generazione mileeuro).

6.
(Torniamo al database dei contatti, punto 3).
Scrivete una mail a tutti. Siate educati e cortesi, spiegate in modo semplice chi siete e cosa vorreste, e chiedete un consiglio, che può essere: un semplice parere, un contatto, un libro da leggere, un commento… anything.
Accompagnate questa mail con qualcosa di prodotto da voi, e dite che fate questo per dimostrare il vostro impegno, oltre che per sottoporre un saggio del vostro talento.
Molti non vi risponderanno, parecchi non vi diranno niente di utile, qualcuno invece sì… vedete un po’ che succede.
Non siate delusi se ricevete poche risposte. (Anche per questo dovete scrivere a tanti).
Ringraziate subito tutti quelli che vi rispondono.

7.
Tenete religiosamente traccia di tutte le risposte. Dopo 10-15 giorni scrivete di nuovo, mandando un altro lavoro.
Poche righe “gentile mr x, spero di non seccarla se le mando un altro mio lavoro. mi farebbe veramente piacere un suo parere, lo considero una parte importante della mia ricerca. grazie in anticipo.”
Ripetete all’infinito, con intervalli di 20 giorni, adeguando e integrando continuamente la lista.
(Scrivete sempre anche a chi non vi risponde mai. Cancellate solo chi ve lo chiede esplicitamente).

8.
Nel lavoro che fate per mantenervi durante tutto questo, cercate di essere lucidi.
Non lavorate mai gratis. (Piuttosto che lavorare gratis in un’agenzia al tramonto andate a far scontrini all’Esselunga).

9.
Se vi sembra di aver trovato qualcuno o qualcosa che possa valere la pena di un investimento, offritevi voi di fare del lavoro – qui sì – gratuito.
Cercate di usare l’intuito e la pancia, se qualcuno vi ispira, buttatevi. Potrete sempre tirarvi indietro poi.
Ma ragionate sempre e continuamente nell’ottica dell’investimento, e sempre secondo i vostri criteri (meglio tenere le bombolette al miglior writer della città che leccare il didietro al peggiore dei marketing manager).

10.
Cercate di mantenervi. E’ vero che la vita è schifosamente cara, ma lo è di più se lavorate gratis. Non è proprio il caso di aspettare il lavoro buono prima di lasciare il nido. Il lavoro buono è ormai un’utopia, e il nido rischia di non finire mai.

11.
Se partite per imparare l’inglese, dovrete lavorare per mantenervi.
Non sperecate tempo a cercare il lavoro che vi piace, non è che fuori dall’Italia il lavoro si trovi facilmente.
Se dovete imparare l’inglese, fate quello.
Magari poi, dopo un anno che siete lì (e fate la montagna di cose scritte in questo post) potete provare a buttarvi nel giro che vi interessa.

12.
Se sapete già l’inglese, può essere comunque un’idea quella di andare via.
Gli italiani sono molto stimati all’estero, mi sembra di capire. Negli Usa, ad esempio, un po’ di anni fa essere italiani significava avere una marcia in più rispetto ad altri. (Se vi chiedete perché, la risposta è che è vero, noi italiani abbiamo una marcia in più, peccato che siamo gli ultimi a crederci).
Se avete dei soldi, andate a fare una scuola importante, anche se la scuola veramente importante, secondo me, sta fuori dalle scuole. (Semmai quando siete sul posto informatevi dai professionals locali quali sono i corsi buoni).

13.
Investite tempo, energie, denaro.
Molti di questo consigli sono piuttosto impegnativi, ma secondo me non c’è altra via che impegnarsi a fondo.
La motivazione è solo dentro di voi, tutt’intorno non c’è gran che. Ma chi lavora seriamente ce la fa sempre, alla fine. (E poi se avete passione, non vi peserà molto). Quando tutto sembra andare male, tenete duro pensando che c’è chi fa il tifo per voi, solo che non l’avete ancora incontrato.

14.
Chiedete sempre. Un consiglio, un parere, un contatto, un colloquio, uno stipendio, un aumento di stipendio, più responsabilità, una quota in società, un invito a cena, un incentivo, un viaggio, chiedete, cazzo! Chiedete di più, e siate pronti a fare di più (ovviamente).
Per ottenere bisogna chiedere, è semplice.

15.
Non mollate mai.

16.
Non date retta a nessuno. Fidatevi solo del vostro intuito.

17.
Non ascoltate i consigli – specie quelli sui blog ;).

Good luck.

UPDATES:

18.
Mettetevi su Elance.com e inserite questo sito nel vostro modello di business. Come, non avete un modello di business?

19.
Datevi. Un. Vostro. Modello. Di. Business.
Sì’, vostro, non quello della società dove lavorate, o quello di vostro zio direttore creativo. Vostro.
Hugh Macleod ha detto: 60 milion blogs, 60 milion business models. (Nel frattempo sono diventati 80, cioè 20 milioni di concorrenti in più).