— oh my marketing!

Ce la faremo?

Con tre settimane di ritardo ho letto In a Funk, Italy Sings an Aria of Disappointment cioè l’articolo del NY Times riguardo la depressione italiana che tanta confusione ha suscitato sui media (qui il commento del Corriere, qui quello del Sole).

Siccome l’argomento mi incuriosisce e mi stimola (quasi non passa giorno senza che mi faccia la domanda nel titolo, a livello professionale, personale, umano… perché non farsela anche come italiano?) ho deciso di sondare un po’ la questione a modo mio.

L’Italia è sempre sull’orlo dell’abisso. E invece finisce sempre per cavarsela.

E poi tutto questo disincanto, mancanza di tensione, menefreghismo, egoismo, qualunquismo… che noia.

Nella mia microsfera non c’è nulla di tutto questo, e quindi ho deciso che non è così l’Italia che vivo io.

Certo, basta aprire un giornale per vedere che non è così. Ma è questo il punto: io chiudo il giornale e guardo in faccia i miei collaboratori, i miei clienti, i miei vicini di casa, i miei amici.

Non nego di avere una situazione selettiva, dove ho potuto e voluto scremare la cioccolata da quell’altra sostanza marrone (e dio sa la fatica che faccio per pagare il prezzo di questa operazione…) ma, tra i diritti che mi sono conquistato, c’è quello di dire grazie, non ci sto. E tirare dritto per la mia strada.

Ma torniamo al punto. Dicevo: affrontiamo la questione. Quello che vorrei fare è sentire la viva voce di persone comuni su questo argomento – e non mi riferisco solo ai commenti a questo post, che mi auguro arrivino numerosi – ma anche a un po’ di gente che conosco cui voglio chiedere direttamente un parere sulle tesi del famoso articolo (le riassumo per chi non ha tempo/voglia):

– paese troppo vecchio

– problemi che non cambiano mai

– senso di impotenza/frustrazione

– prospettiva di declino economico

– rassegnazione generale

– ripiegamento economico su sterili strategie di made in italy trademark

Garantisco che:

1. non saranno opinionisti/giornalisti/veline/mediapeople/famosi con o senza isola

2. avranno esperienza diretta sia dell’Italia che di un altro paese, in modo da assicurarci un punto di vista coinvolto ma anche distaccato, dall’esterno.

La mia domanda sarà una sola, dritta al punto:

SECONDO TE, CE LA FAREMO?

[Personalmente propendo per il sì, che ritrovo anche nella bella recensione al nuovo libro di Luca De Biase, “Economia della Felicità” pubblicata ieri da Repubblica e firmata Giovanni Valentini:

E per quanto riguarda il nostro paese, infelice e depresso, non manca la promessa finale della speranza: “L’Italia ne è piena (di visionari, creatori, narratori, scienziati, umanisti, imprenditori e tecnologi, ndr). Ha bisogno di saperlo. E di agire di conseguenza.]