— oh my marketing!

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Leggere

E mi ha conquistato, ma solo dopo pagina 28. Praticamente dal 2° capitolo fino alla fine.

Cos’ha che non va il primo capitolo?

Niente, solo che io sono più per i casi pratici che per le teorie sociologiche, e l’ingresso in questo testo passa per un’anticamera un po’ troppo colta per me, che sono un copywriter come quelli della Leo Burnett di Chicago negli anni 60 “che prima di impugnare la matita si sputavano sulle mani” (giuro che l’ho letta davvero, mi pare nell’Ogilvy On Advertising).

Comunque tornando al libro, tanto ero tiepido nelle prime pagine, tanto l’ho trovato valido, completo e stimolante nel suo sviluppo, come prova la quantità di sottolineature che vi ho lasciato.

Oltre agli stimoli di marketing non-convenzionale (che tra l’altro non esiste, lo dicono loro, esiste un solo marketing, quello che funziona, pag. 58), che sono tanti e interessanti, il libro è anche un bell’insieme di quelle-cose-che-ti-ricordi-ma-che-quando-ti-servono-non-sai-più-dove-trovare, come ad esempio la storia del flop della nuova Coca-Cola, o l’impagabile tabellina “nuova scuola di mktg vs vecchia scuola di mktg” di Kathy Sierra (2005), o il caso Mozilla Firefox, quello Diet Coke-Mentos, le 95 tesi in italiano stampate sulla carta…

Alcune chicche:

La resistenza al marketing non è un desiderio improvviso di smettere di comprare. I consumatori voglioo interagire con le marche. Sono intelligenti, tecnologicamente avanzati e con poco tempo a disposizione. Vogliono un marketing che mostri maggior rispetto e attenzione per il loro tempo. Finché non miglioreremo il nostro approccio con i consumatori, essi continueranno a resistere e a chiudersi ai messaggi pubblicitari delle aziende. (Walker Smith, ceo di Yankelovich, 2004).

Tutti i tipi di nuovo marketing non sono validi quando partono dalle imprese: devono avere come base i consumatori.

La chiave di svolta di un mercato basato sulla Long Tail è che in teoria ciascuno può avere un pubblico.

La vera potenza della Coda Lunga si rivela grazie al sistema delle raccomandazioni.

Elenco delle panacee di marketing 1985-2005: anti-marketing, authenticity marketing, buzz marketing, cause-related marketing, chrono-marketing, co-marketing, community marketing, convergence marketing, convergence marketing, centextual marketing, counter marketing, creative marketing, cult marketing, customer centric marketing, database marketing, eco-marketing, emotion marketing empowerment marketing, ethnic marketing, entrepreneurial marketing, event marketing, expeditionary marketing experence marketing, exponential marketing, family marketing…
[e siamo solo a un terzo della lista].

Il vantaggio reale di un approccio non-convenzionale è in primo luogo l’economicità.

E qui mi ricollego a un caso cui tutti guardiamo come esemplare, la community Ducati. Ebbene, in queste pagine ho scoperto che tutto è nato dalla considerazione che una campagna tradizionale era troppo cara. Come dire: la necessità aguzza l’ingegno.

Il libro in una frase:

Uno sguardo d’insieme sul senso del marketing di una profondità e intelligenza tali da permetterci uno sguardo anche più ampio, sul senso dell’impresa economica in generale.

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L’ultimo della blogosfera a leggere il libro che spiega perché vendere poco a tanti è meglio che vendere tanto a pochi sono io.

Però ho scoperto una chicca: la moglie di Chris Anderson odia la tecnologia (è nell’ottima intervista rilasciata ad Alessio Jacona quando è venuto a Milano ).

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A) Se doveste incontrare una persona a New York, dove andreste?

B) Se sapeste il luogo dell’appuntamento, ma non l’orario, a che ora ci andreste?

C) Chi ha scoperto la causa della Sars?

D) Perché i migliori amministratori delegati costruiscono sempre una squadra?

E) I cittadini comuni – disponendo delle informazioni necessarie e potendone discuterne tra loro – potrebbero essere in grado di capire situazioni complesse e prendere decisioni al riguardo?

F) Dando per scontato che è impossibile sapere dove siano le informazioni più utili alla risoluzione di un dato problema, è più utile selezionare gli esperti giusti o gettare reti più ampie possibili?

G) La natura di internet e di alcune sue realtà come Wikipedia o Google, non sono forse la dimostrazione continua che un sistema può funzionare bene senza bisogno di qualcuno che dia ordini?

Risposte:

A) – La maggior parte delle persone cui è stata posta questa domanda ha risposto: Grand Central Station
B) – La maggior parte delle persone cui è stata posta questa domanda ha risposto: mezzogiorno
C) – E’ stato il frutto del lavoro di 11 centri di ricerca internazionali coordinati dall’Oms, che hanno collaborato senza che nessuno dirigesse la ricerca
D) Perché “in situazioni di incertezza, il giudizio collettivo di un gruppo di dirigenti batterà sempre quello del singolo dirigente più in gamba”
E) Assolutamente sì. Disse Thomas Jefferson: “Se presentate un quesito morale a un contadino e a un professore, il primo lo risolverà altrettanto bene e spesso meglio del secondo, perché non si lascerà sviare da regole artificiali”
F) Naturalmente, gettare reti più ampie possibili. La corsa all’esperto è una strategia dagli esiti sempre piuttosto improbabili
G) Lo è. In effetti l’etica della rete rispetta la saggezza collettiva ed è ostile all’idea che il potere e l’autorità debbano rimanere nelle mani di pochi

Il libro in una frase:

Diversità e indipendenza. Qualsiasi gruppo con queste caratteristiche può definire qualsiasi strategia e prendere qualsiasi decisione, come e meglio di qualsiasi esperto (o organizzazione di esperti). Se solo ne fossimo più consapevoli, che risparmio di risorse, e che crescita collettiva.

Se penso che, quando ho visto questo affascinantissimo libro la prima volta, l’ho collegato alla scelta del telefonino da comprare…

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Era il 2005.

Business Week metteva in copertina i blog (“Blogs will change your business“).

Debbie Weil faceva uscire The Corporate Blogging Book. Absolutely Everything You Need to Know to Get It Right, basato sulla sua esperienza di corporate and CEO blogging consultant (documentata sul suo blog, significativamente intitolato BlogWriteforCEOs).

Insomma il loro passato prossimo è il nostro futuro (speriamo non remoto), con uno scarto molto ridotto, due annetti.

Motivo più che sufficiente per leggere questo eccellente libretto, e mettere in saccoccia le buone dritte del pragmatismo americano applicato con il buon senso di questa success lady.

Nota per Leonardo Bellini, traduttore del libro e amico di mail (nonché autore a sua volta): good job Leeeona’do!

Il libro in una frase:

Se hai un’azienda, se ti interessa, se ti attira, se ne hai paura, se guardi gli altri, se non vuoi restare indietro, se pensi al tuo futuro, se hai le antenne, se vorresti capire… stai già bloggando, con questo libro in mano. Non te ne pentirai, di nessuna delle due cose.

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Questo libro mi attira da pazzi.

Quando l’ho visto mi sono detto: ecco perché mi piace comprare quello che comprano tutti, non sono un pigro consumatore-pecorone, bensì l’avveduto utilizzatore di una straordinaria forma di intelligenza collettiva.

Mi chiedo solo in quanti l’abbiano comprato…

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Ah, argomento originale!

Ho scoperto questo libro proprio su un blog aziendale (molto ben fatto a mio parere), e mi è venuta voglia di leggerlo.

Inoltre, il testo originale di Debbie Weill, blogger a sua volta con BlogWriteForCEOs.com, contiene anche interviste a bella gente della blogosfera italiana: Andrea Andreutti di Samsung News, Valentina Tolomelli di Desmoblog, Alessandro Leoni di Duckside, Nicola Zago di DesignConversations (già linkato sopra).

Curatore e traduttore: Leonardo Bellini.

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Clear Blogging, di Bob Walsh, imprenditore, blogger e divulgatore del termine micro-ISV (Indipendent Software Vendor, microazienda di 1-4 persone cui ha dedicato anche un libro) è un ottimo testo, credo.

Dico credo non perché abbia dei dubbi sulla qualità del testo, anzi, i dubbi li ho ho sulla mia capacità di apprezzarlo.

Perché Clear Blogging è di più, decisamente di più di quanto possa essere alla mia portata in fatto di blogging. (In questo senso sono certo che lo riprenderò in mano per approfondire parecchie cose).

E allora?

Allora è senz’altro un buon libro, se Seth Godin ha detto (in copertina in alto, ben visibile, che Seth mica è fesso):

Does the world need another book about blogging? This book proves the answeer to be a resounding YES.

A questo punto il mio consueto “libro in una frase” parte un po’ così, all’ombra del guru, ma tant’è:

Il mondo del blog, dalle technicalities al blogging antartico, dalle mogli dei poliziotti al citizen journalism, è qui, in queste pagine, e pazienza per chi non ce la fa a capirlo fino in fondo, come il sottoscritto: fidiamoci di Bob (e di Seth).

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Di Clear Blogging – How People Blogging Are Changing the World and How You Can Join Them avevo già parlato, ora mi sono deciso a metterlo sul comodino.

Qui si può anche scaricare un estratto del libro for free.

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The Anatomy of Buzz – how to create word-of-mouth marketing, ovvero: il passaparola ai raggi X.

Un libro interessante e anche curioso, scritto da un ex-copywriter che ha visto il mondo cambiargli sotto gli occhi quando è andato a fare il marketing per una start-up di software (endnote, una cosa che serve a scrivere bibliografie senza impazzire tra corsivi maiuscoletti, virgole e virgolette, qui in italiano se vi interessa).

Io sono solo un copywriter che guarda al marketing con curiosità, quindi posso anche dire qualche corbelleria. Eccone subito una: il marketing mi fa veramente divertire, ultimamente. Questo libro sul womma è stato un altro bell’appuntamento con l’intelligenza applicata alla vendita di prodotti.

Il libro in una frase:

Se siete nel marketing, vi sarete chiesti come ottenere dalle vostre strategie quel magico effetto “ho scelto questo prodotto perché me l’ha detto un amico”. Eccovi 303 pagine sull’argomento, e neanche noiose. C’è anche una bella bibliografia di 7 pagine.

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Lo devi leggere assolutamente.

Così mi hanno detto, e io ubbidisco.
Tesi del libro è che la globalizzazione sta rendendo il mondo più omogeneo, nel senso buono del termine. Il suo autore, giornalista del NYTimes, è un tre-volte pulitzer.

Ma non vuol dire: ecco qui un professore di Yale che non è per niente d’accordo.

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