— oh my marketing!

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Coworking

Mi accorgo adesso che nel novembre scorso a Ecomondo, durante la presentazione dello “smart building” Pandora, mi hanno girato questo video.

“Girato” è la parola chiave, perché ero proprio… girato dalla parte sbagliata!

Spero che i concetti espressi emergano lo stesso (l’ultima parte del video per fortuna lascia la mia schiena per inquadrare le slides). In ogni caso, la presentazione è visibile qui.

Grazie al Vega (che, lo ricordo, è anche uno spazio di coworking Cowo) per questo contributo!

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=uHxyNdZv0TI]

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Senza i miei coworker non ce l’avrei mai fatta. (E posso dire questa frase per un sacco di cose, ormai).
Grazie.
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Non posso ancora dire cos’è, ma è bellissimo, l’ho fatto io con l’aiuto dei miei coworker di Milano-Roma, porta sostenibilità e leggerezza, è un sogno che inizia ad avverarsi.

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[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=HXLdEKeE39I&feature=youtu.be]

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Una conversazione tra continenti, sul blog Cowo.

Un gruppo di Italiani, per una volta forse non più indietro dei nordeuropei o degli americani o degli asiatici.

Un workshop dove il sottoscritto racconterà cosa succede dentro quel marchio rosso.

Un gruppo di gente da tutto il mondo che non si è mai vista e condivide visceralmente uno stile di lavoro che è anche di vita.

Una voglia di costruire pazzesca, fortissima, la cui energia a volte mi spiazza.

Ma anche qualcosa di vicino, di umile, di caldo. Come un caffè offerto con silenziosa solidarietà, appunto, tra coworker.

E adesso, a Berlino.

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Coworking Cowo Campogalliano/ModenaGrazie ai cowomanager di Cowo Campogalliano/Modena per aver organizzato questo bell’evento, in cui il coworking mette i piedi sull’erba, nel magnifico posto che vedete nella foto.

Io ci sarò! 🙂

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Vengo a sapere che il progetto Cowo forse entrerà in un progetto, più ampio, dedicato alle città sostenibili. In effetti, il coworking è riconosciuto come “sostenibile”.

Questo della sostenibilità è un tema che mi trovo ad affrontare sempre più spesso, nei discorsi e nei pensieri.

Cosa vuol dire, alla fine, sostenibilità? Perché Cowo è sostenibile? E cosa non lo è?

Non dico queste cose col cappello dell’uomo di marketing, ma con le scarpe del cittadino consumatore.

Mi viene da usare una espressione giovanile: una cosa è sostenibile se ci sto dentro. Se ci stai dentro, è sostenibile.

Così, non è sostenibile dover pagare 3.000 euro di inps appena apri una società (prima ancora di fare la prima fattura). Oppure iniziare l’acquisto online di un volo low cost, e scoprire solo alla fine che pagare con carta di credito costa varie decine di euro (che magari raddoppiano il prezzo del biglietto pubblicizzato). O ancora, non è sostenibile sfogliare una rivista e trovarsi metà delle pagine di pubblicità. O ricevere due telefonate di telemarketing al giorno. O chiedere la trasferibilità del numero di cellulare e rimanere settimane in attesa. O chiedere un’informazione a un servizio clienti e ricevere risposte diverse a seconda dell’operatore. O andare all’agenzia delle entrate con un appuntamento e trovarsi altre 20 persone con lo stesso appuntamento. O comperare un’automobile che perde il 20% del valore il minuto che l’hai pagata.

Potrei andare avanti. A pensarci, viviamo, in condizioni di forte insostenibilità, e il marketing c’entra parecchio.

Per questo mi piace e mi intriga l’attività del coworking.

Sia l’attività in sé, sia il suo marketing.

Ieri uno studente mi ha fatto notare come la frase “prova a guadagnare qualche euro con il coworking” – presente dal 1° febbraio 2009 nella home page del sito Cowo – possa “far pensare a un business”.

In questa timida osservazione c’era un velato rimprovero, come se “business” fosse il male, e come se il concetto di “sostenibilità” non potesse avvicinarsi a quello di “profitto”.

Pareva dirmi: tu prometti un guadagno, non puoi promettere anche la sostenibilità.

Invece, secondo me, un profitto ci deve essere, perché profitto = risorse, risorse = vita del progetto.
Senza risorse i progetti muoiono, e senza progetti nuovi, ahimé, continueremo a stare nell’insostenibile insostenibilità di cui sopra.

E infatti, con Cowo, il profitto lo cerco, in modo lucido e attento, ma divertendomi a tenerlo al secondo posto, dopo le relazioni.
Ecco cos’è la sostenibilità, per me. E il marketing deve seguire questa logica, basata – indovinate un po’? – sulle persone.

Quindi: cerco di guadagnare di più seguendo una strada diversa dalla massimizzazione del profitto.

Provo ad aumentare il profitto abbassando i prezzi e aumentando i servizi, per esempio.

Perché alla base del business del coworking (ammesso che esista) non è la massimizzazione del profitto, ma la massimizzazione della sostenibilità.

Quindi: Più sostenibilità = più business = più profitto.
Detta così può sembrare semplice, ma non lo è. E’ una follia, invece, ma – ne converrete – una follia più bella di quella che si vede ogni giorno nelle news economico-finanziarie…

(Forse qualcuno penserà che sono un ricco eccentrico che gioca alle teorie del business. Invece ho ancora 12 anni di mutuo prima casa, davanti a me. Ma sono convinto che un modo diverso di portare avanti le attività imprenditoriali – finalmente lontano dall’ossessione della crescita infinita, del profitto a tutti i costi, degli investitori da remunerare – sia possibile sostenibile).

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Grazie a SimpleSpot, ce l’abbiamo fatta. Cosa? Ad avverare un mio sogno per Cowo.

Da ieri sera a stamattina, già due coworking ne hanno fatto richiesta (Bravi Cowo Firenze/Mattonaia e Cowo Omegna/Gravellona Toce!), con Cowo Milano/Lambrate siamo già in tre.

Non mi aspetto che tutti i 58 spazi di coworking aderiscano, come so bene che coloro che viaggiano da un Cowo all’altro sono ancora pochissimi.

Ma noi iniziamo, iniziamo sempre. Non sappiamo dove arriviamo, ma di sicuro non rimarremo a casa 😉

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Questa domenica la gita fuori porta prevede una mezz’ora davanti a un microfono, dove sono stato gentilmente invitato a parlare di coworking e sostenibilità.

Mentre ringrazio Alberto Mariani che mi ha coinvolto tra i relatori di veRdiamoci a Sovico, domenica 22/5 alle 17, rifletto sul fatto che Cowo dà il meglio di sè quando va oltre l’affitto della scrivania, per proporre qualcosa, qualunque altra cosa che aggiunga valore al progetto (Alberto è infatti cowomanager del Cowo Sovico/Monza).

In altre parole: il coworking come piattaforma, che ognuno interpreta e utilizza.

Ho sempre pensato che dovesse funzionare così, ma il vederlo succedere nella realtà, sempre di più (Open Cowo a Roma, programma elettorale a Pordenone, piattaforma di progetti a Udine, cowocamp…), è un vero piacere.

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Per farlo diventare un network di persone, non di spazi né tantomeno di pagine web.

(Il post è breve, il lavoro enorme).

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